lunedì 29 ottobre 2012

Quando il Regno delle Due Sicilie era il terzo al mondo per ricchezza, cultura ed arte





I primati di Napoli

di 
Achille della Ragione


Negli ultimi decenni i mass media, tutti di proprietà monopolistica del Nord, hanno non solo falsificato i libri di storia, ma hanno cercato di diffondere lo stereotipo di un Meridione costituito da fannulloni e parassiti, alle cui esigenze debbono provvedere le regioni settentrionali, prospere e laboriose. 

Solo di recente alcuni seri ricercatori, come Gennaro De Crescenzo, assiduo frequentatore di archivi ed alcuni scrittori come Pino Aprile, autore di un pamphlet di successo, che coniuga dati storici inoppugnabili ad una travolgente vena polemica, hanno cercato di rileggere con onestà gli avvenimenti del passato, soprattutto il fenomeno del brigantaggio, che vide un tacito accordo tra i notabili latifondisti e la borghesia imprenditoriale del Nord. 
Le campagne erano in rivolta ed il brigantaggio faceva del Sud un vero e proprio Far West.

Furono i soliti gattopardi, padroni dei voti delle masse popolari, ad aderire alle scelte politico-economiche post-unitarie, privilegiando finanziariamente lo sviluppo delle industrie padane a costo di penalizzare per sempre ogni possibilità di sviluppo del Meridione, i cui abitanti si videro costretti, a decine di milioni, ad abbracciare la scelta dell’emigrazione. 

Fu una diaspora di dimensioni bibliche, un vero e proprio genocidio del quale vanamente troverete anche un accenno nella storiografia ufficiale. 

Il dato più importante da cui bisogna partire è che all’indomani del plebiscito, quando il nuovo regime cominciò ad assumere i primi provvedimenti finanziari, si rese conto che il Regno delle due Sicilie aveva in cassa 443 milioni, più del doppio dei bilanci di tutti gli altri Stati della penisola che, tutti assieme, raggranellavano 220 milioni. 

Tutto ciò a dimostrazione lampante che l’economia era più che florida, esportando legname, grano, frutta, olio, primizie, vini pregiati, carne, uova, pasta, latte ed agrumi, garantendo un costante flusso di valuta estera.

E se passiamo dall’agricoltura all’industria il divario era ancora più accentuato, dalla produzione di pelletteria agli strumenti di precisione, mentre la grandiosa fabbrica di Pietrarsa sfornava a getto continuo colossali macchinari, dalle locomotive alle macchine a vapore, dalle gru ai ponti di ferro alle rotaie, a parte pezzi di artiglieria, bombe e granate. 

Nel frattempo i cantieri di Castellammare producevano centinaia di navi che facevano della flotta borbonica una delle più importanti del Mediterraneo, oltre a molte altre commissionate dall’estero. 

Nella zona di Amalfi era tutto un susseguirsi di cartiere e di opifici tessili e non poche erano le risorse minerarie; a parte lo zolfo in Sicilia, si estraeva ferro, piombo, antracite e talco.

Ma i veri primati di Napoli indiscussi sono nel campo della cultura, dell’edilizia e della scienza. Accenniamo ai principali:

Nel 1738 si diede inizio ai lavori per la Reggia di Capodimonte.
Nel 1751 Ferdinando Fuga ebbe l’incarico per la costruzione dell’Albergo dei Poveri, una struttura gigantesca destinata ad accogliere tutti i poveri del Regno.
Nel 1737, in soli sei mesi, quarant’anni prima della Scala di Milano, si completò il Teatro San Carlo, che divenne l’indiscusso tempio della lirica europea.
Nel 1738 vennero alla luce i parchi archeologici di Ercolano e di Pompei, che attirarono per decenni gli entusiasti visitatori del Grand Tour.
Nel 1743 fu fondata la celeberrima Fabbrica di porcellane di Capodimonte.
Nel 1771 fu affidato il compito a Luigi Vanvitelli di costruire a Caserta una reggia più bella e sfarzosa di quella di Versailles.
Nel 1778 cominciò a funzionare a Palazzo Reale la celebre Fabbrica degli arazzi. L’anno successivo nacque la manifattura di San Leucio, una singolare fabbrica governata da rivoluzionarie regole socializzatrici.
Nel 1798 la spiaggia di Chiaia si trasformò in una splendida Villa Reale. L’anno successivo sorsero i colossali Granili.
Nel 1818 prese il mare il primo battello a vapore e l’anno successivo fu edificato a Capodimonte il primo Osservatorio astronomico d’Europa.
Nel 1837 Napoli fu la prima città italiana ad avere l’illuminazione a gas. Ma la grande impresa fu il 3 ottobre 1839 l’inaugurazione della linea ferroviaria Napoli-Portici, la seconda al mondo, alla quale in breve si aggiunsero altri tratti che misero in comunicazione la capitale con Caserta, Capua, Cancello, Nola e Sarno. La rete stradale nel 1855 era di ben 4587 miglia.
Nel 1841 sorse ad Ercolano l’Osservatorio Vesuviano. Nel 1852 nacque la prima linea telegrafica Napoli-Gaeta ed in breve furono in contatto tutte le principali città, comprese Reggio Calabria e Messina attraverso una linea sottomarina.
Nel 1845 si tenne il VII Congresso degli Scienziati. I presidi sanitari erano all’avanguardia in Europa ed importante fu anche la funzione dei Monti di Pietà che contrastarono attivamente il fenomeno dello strozzinaggio.
In campo culturale ricordiamo l’Accademia delle Belle Arti, il famoso Conservatorio di Musica e una prestigiosa Università.
Molteplici furono le attività artigianali, dalla coniazione di monete alla legatoria di lusso, dalla lavorazione del corallo e della maiolica all’intaglio dell’avorio e all’elaborazione di gioielli d’oro e argento.
Potremmo continuare a lungo, ma vogliamo concludere con i tanti teatri, più di Parigi, che erano sempre stracolmi e testimoniavano la gioia di vivere di un popolo che scaricava così i suoi timori e le sue insoddisfazioni. 
Ricordiamo il Fiorentini, il Mercadante, il San Ferdinando, il San Carlino, dove la famiglia Petito immortalò in spassosissime commedie la celeberrima maschera di Pulcinella.

Fonte: napoli.com