lunedì 9 luglio 2012

Il Sud, la povertà ed i soliti "maestri"


Le cause della povertà del Sud secondo Bracalini




Romano Bracalini, in un suo intervento sulla rivista online “L’indipendenza” (8/7/12) espone una serie di tesi per spiegare (senza che nessuno di noi glielo abbia chiesto) le “cause e le colpe della povertà e dell’arretratezza del Sud” e per dimostrare (ancora una volta) la tesi dell’inferiorità dei meridionali… Bracalini, però, già nominato vicedirettore di tg Rai in orbita-Lega, grande conoscitore della storia sabauda e fascista, sembra utilizzare fonti storiche alquanto personali e ormai superate. Ignora, allora,
i più recenti studi in cui si rivelano dei dati interessanti e in netta contrapposizione con quanto da lui affermato: “non esisteva, all’Unità d’Italia, una reale differenza Nord-Sud in termini di prodotto pro-capite. Il divario economico fra le due grandi aree del paese in termini di prodotto sembra invece essere un fenomeno successivo. In Campania il reddito pro capite è comparabile a quello della Lombardia, mentre in Puglia e nelle Isole maggiori è analogo a quello medio nazionale (Vittorio Daniele, Paolo Malanima, “Il prodotto delle regioni e il divario Nord-Sud in Italia (1861-2004”, in Rivista di Politica Economica, Marzo-Aprile, UMG, Catanzaro, 2007). Altri dati dimostrano che nel 1871 il tasso di industrializzazione del Piemonte era del l’1.13%, quello della Lombardia 1.37%, quello della Liguria 1.48%. Erano già trascorsi dieci anni di smantellamento dell’apparato industriale dell’ex Regno delle Due Sicilie ma l’indice di industrializzazione della Campania era ancora dello 1.01% (con Napoli, nel dato provinciale, all’1.44%. Più di Torino, che era all’1.41%), quello della Sicilia allo 0.98% (ai livelli del Veneto, 0.99%). Nel 1861 gli addetti impegnati nell'industria meridionale sono 1,6 milioni (meno di 1,5 milioni quelli nel Centro-Nord). La percentuale della popolazione attiva che si dedica alla manifattura è superiore al Sud: il 22,8%, contro il 15,5 per cento (Guido Pescosolido in Svimez, 150 anni di statistiche cit. e cfr. Sole 24 Ore, 25 maggio 2011). Bracalini ignora, ovviamente, anche i dati pubblicati dalla docente universitaria belga S. Collet qualche settimana fa e nei quali si evince l’importante dato secondo il quale, in termini finanziari, “le Due Sicilie del 1860 erano come la Germania di oggi”. Dimentica, poi, le 4587 miglia di strade costruite solo negli ultimi anni di Regno e, su tutti, il dato secondo il quale avevamo la prima flotta mercantile d’Italia (tra le prime in Europa) e lo stesso dicasi per i sorprendenti dati relativi alle esportazioni o alle produzioni agricole meridionali preunitarie (cfr. G. Federico RPE, Bologna, 2007). Bracalini dimentica pure, infine, le centinaia di migliaia di “briganti” massacrati (e spesso decapitati per “comodità di trasporto” come ci rivelano i documenti -evidentemente a lui sconosciuti- conservati nella Busta 60 del fondo Brigantaggio presso l’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito Italiano) e non mostra di avere nessun rispetto per quei milioni di emigranti meridionali che (un caso?) solo dal 1860 in poi furono costretti a partire a milioni (e ancora sono costretti a farlo) per il resto del mondo… Del resto, da uno scrittore che cita Plinio in maniera a dir poco originale o che confonde il governo vicereale con il governo borbonico e da uno scrittore che nella sua ultima opera sostiene stravaganti e offensive tesi secondo le quali i “meridionali diventavano perché non avevano voglia di rimboccarsi le maniche nei loro paesi”, che cosa potremmo aspettarci? Cosa aspettarci da uno scrittore che, con punte oggettive di razzismo, afferma cose del tipo: “Finchè il proletariato meridionale risolverà il suo problema nelle campagne con l’emigrazione (che oggi è ripresa) e nelle città col delitto, il Sud non farà progressi e continuerà ad andare alla deriva” suscitando le orgogliose e positive reazioni dei suoi colleghi leghisti (e razzisti) anche su questo blog? Che cosa dovremmo fare, allora, noi “terroni”, “neoborbonici” e “scansafatiche” “inferiori o incapaci” di ieri e di oggi? Nessuna secessione e nessun ritorno al passato ma rivendicare con forza il diritto alla verità storica e il diritto di essere rispettati con la necessità e l’urgenza (dopo 151 anni) di una vera “par condicio” politico-economica. E, magari, forti delle migliaia di persone ormai “consapevoli”, iniziare ad evitare di invitare Bracalini dalle nostre parti, boicottare i giornali su cui scrive e i suoi libri…
Prof. Gennaro De Crescenzo
Napoli
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