martedì 13 marzo 2012

Per salvare il Carditello il Sindaco inizia lo sciopero della fame

Emiddio Cimmino
il Sindaco di San Tammaro che difende con tutte le sue forze
un patrimonio comune di inestimabile valore storico ed architettonico.
A questo Uomo coraggioso va tutta la nostra stima e la nostra solidarietà.

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Si inasprisce la protesta contro l’abbandono e il degrado della Reggia di Carditello, uno dei 22 siti della dinastia reale dei Borbone in provincia di Caserta, che oggi rappresenta una vergogna tutta italiana.


Emiddio Cimmino, sindaco di San Tammaro, sul cui territorio ricade il sito borbonico, da lunedì mattina ha iniziato lo sciopero della fame. “Resterò qui, senza mangiare, fino a quando la Regione Campania non prenderà un provvedimento definitivo su Carditello”. Giovedì ci sarà l’asta, 15 milioni di euro. Se questa andrà deserta, il 29 marzo ne basteranno 10,5.
L’appello, da parte di cittadini e associazioni, è da sempre quello di un intervento da parte della Regione, affinché estingua i debiti del consorzio di bonifica (proprietario del sito) e, dunque, blocchi l’asta. Sarebbe questo il solo modo per salvare Carditello, evitando che finisca in mano alla speculazione o, addirittura, e da queste parti non sarebbe una novità, alla criminalità organizzata. Intanto, visto che il sito non è protetto da vigilanza, proseguono i furti di affreschi, pavimenti e perfino di cancelli e di rame degli impianti elettrici. Furti, forse, “mirati”, per far scendere il valore del sito. Non a caso, il sindaco Cimmino afferma: “Mi chiedo perché il presidente Stefano Caldoro non abbia mai sentito il bisogno di venire nella nostra cittadina a conoscere la reggia. Mi chiedo come mai non si preoccupa di far finire nelle mani della camorra un bene che appartiene all’Italia. Non oso pensare che gli faccia piacere”. Ma Cimmino avverte: “Sappiano coloro che pensano di comprare la reggia di Carditello che il nostro piano regolatore che stiamo per approvare prevede vincoli invalicabili per tutto il perimetro del sito borbonico. Ci pensino bene prima di fare l’affare”.

LA STORIA. Il nome deriva da “Carduetum, cardueti - cardito, carditello”, ovvero “luogo piantato a cardi”, perché il luogo si presentava disseminato, appunto, della pianta di cardo, tanto da formare una barriera per chi voleva inoltrarsi a piedi o a cavallo. Costruito dall'architetto Francesco Collecini, allievo e collaboratore di Luigi Vanvitelli, e situato a circa quattro chilometri ad ovest al centro abitato San Tammaro, a metà strada tra Napoli e Caserta, Carditello è un complesso architettonico sobrio ed elegante di stile neoclassico, destinato da Carlo di Borbone (1716-1788) a luogo per la caccia e l’allevamento di cavalli, poi trasformato, per volontà di Ferdinando IV di Borbone (1751-1752), in una fattoria modello per la coltivazione del grano e l’allevamento di razze pregiate di cavalli e bovini. Non un semplice luogo di “svago” per i reali, dunque, ma vera espressione di imprenditoria ispirata dalle idee illuministiche che caratterizzavano quei tempi.
IL CONSORZIO. Nel 1920 gli immobili e l'arredamento passarono dal demanio all'Opera Nazionale Combattenti. I 2070 ettari della tenuta furono lottizzati e venduti, esclusi il fabbricato centrale e i 15 ettari circostanti, che nel secondo dopoguerra entrarono a far parte del patrimonio del “Consorzio generale di bonifica del bacino inferiore del Volturno”. Nel 1943 fu occupata dalle truppe tedesche, che vi stabilirono il proprio comando. I vandalismi dei soldati contribuirono a incrementare lo stato di degrado.
L'ABBANDONO. Da allora la tenuta, che dovrebbe rappresentare una delle principali attrazioni turistiche della Campania e del Sud Italia, è in preda al più totale degrado e abbandono. E la razzia di decori, sculture, arredi architettonici, pavimenti, attrezzature agricole, è all’ordine del giorno. Una vergogna tutta italiana, testimonianza, mai come in questo caso, dell’assenza delle istituzioni e del disinteresse verso il grande patrimonio storico di queste terre.
L'ASTA. Il 27 gennaio 2011 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, a fronte dei debiti del consorzio di bonifica, ha disposto la vendita all’asta del complesso monumentale al prezzo base di 20 milioni di euro. Una prima asta è andata deserta, così come la seconda svoltasi a novembre. Ora la nuova asta sarà effettuata, il 15 marzo, con un ribasso del 25 per cento, dunque al costo di 15 milioni di euro. Se anche quest’ultima andasse deserta, il prezzo scenderebbe attorno ai 10 milioni, e così via, fino a raggiungere una cifra “appetibile”. Il rischio è che il sito, finendo in mano a privati, potrebbe trasformarsi in un beauty center, un casinò, o comunque assumere una destinazione completamente diversa da quella originale.

Fonte PUPIA