martedì 28 febbraio 2012

Eddy Napoli in concerto al Teatro Trianon


Eddy Napoli è tra i pochissimi artisti meridionali ad aver fatto una scelta: quella della verità storica e dell'orgoglio, spesso contro tutto e tutti ed in maniera coraggiosa e geniale. VENERDI' 2 MARZO e SABATO 3 MARZO, ore 21.00, i concerti previsti dall' autore di "Malaunità", brano-bandiera delle controcelebrazioni dei 150 anni: l'occasione per incontrare un Artista vero, un Napoletano vero, un Neoborbonico vero, per un viaggio nella canzone classica napoletana di ieri con uno sguardo alle sonorità di oggi: questo il percorso musicale che propone Eddy al teatro Trianon (Napoli, piazza Calenda). Il cantautore interpreterà evergreen partenopei e alcuni brani poco conosciuti, se non inediti, in un programma che anticipa il suo prossimo lavoro discografico.
Lo affiancano sul palco Carmine Terracciano (chitarra e mandola), Nico Caiafa (sax e tastiere), Mimmo Matania (fisarmonica), Antonio Perna (piano), Sasà Brancaccio (basso), Danilo Esposito (batteria e percussioni) e Simona De Rosa (cori). Dal punto di vista discografico, dopo l'esperienza internazionale come voce solista dell'orchestra di Arbore, il figlio di "Luna rossa" (testi del padre, Vincenzo De Crescenzo) realizza "Siente", primo cd con brani inediti da lui composti, lavoro discografico che ha attirato l’attenzione della Real World di Peter Gabriel; ha pubblicato in seguito «Napulitanata», «Malaunità» e «Suonno 'e libertà», brani allegati al libro «Malaunità». Nel 2004 ha partecipato al concerto live nel teatro Erode Attico di Atene con Dulce Pontes e Giorgos Dalaras, registrato in un cd/dvd premiato da un disco di platino. A Eddy Napoli è stato conferito il premio Penisola Sorrentina come «Ambasciatore della canzone napoletana nel mondo».
Il biglietto del concerto costa 15 euro, ridotto a 10 per il loggione. Lo spettacolo rientra nel Trianon Music Live 2012 con i concerti, tra gli altri, di Marco Zurzolo, James Senese, Peppe Barra e dei gruppi emergenti Epo e Foja, protagonisti della scena musicale e teatrale partenopea. La cifra dichiarata che informa tutta la programmazione è la ri/considerazione del ricco patrimonio musicale tradizionale in una proposta viva e sposata ai linguaggi e ai suoni della contemporaneità. Vendita dei biglietti online sul sito del Trianon
www.teatrotrianon.org. Informazioni telefoniche allo 081-225 82 85. Approfondimenti informativi su radio Marte, media partner ufficiale del teatro (www.radiomarte.it).
Venerdì 2 marzo, ore 21
Sabato 3 marzo, ore 21



Ma quale unità d'Italia?



La domanda che, puntualmente, mi viene fatta soprattutto dai giovani nel corso delle conferenze, è cosa in realtà ci hanno fatto festeggiare il 17 marzo del 2011. Una domanda assolutamente pertinente considerato che proprio in quella data tutto è accaduto fuorché l’unificazione d’Italia. E nemmeno si può parlare di massima estensione territoriale raggiunta da quella che poi si definì Italia, visto che ciò accadde solo per effetto della prima Guerra Mondiale e, quindi, nel 1918.
Ed allora? I più maligni insinuano interessi, anche economici, facendo giocare l’unità del Paese su tre date: 17 marzo, 4 novembre e 2 giugno. Ma come si può parlare di unità se anche sulle date dell’unità non si riesce a capire qual è quella giusta?
La tagliente penna di Pino Aprile dissolve definitivamente ogni dubbio su quella data. Siamo certi che, visto che questa del 17 marzo proprio non va, prima o poi ne tireranno fuori qualche altra con buona pace del Presidente Napolitano che ne approfitterà per rendere nuovi omaggi al tomba del “nonno” …… d’Italia.












lunedì 27 febbraio 2012

Briganti mummificati dai piemontesi



Una raccapricciane scoperta in un museo del Nord



Chi avesse avuto ancora dei dubbi sulla ferocia messa in atto nella conquista del Sud che oltre al saccheggio dei beni materiali e finanziari di uno Stato libero, indipendente e fecondo comportò il tremendo oltraggio alla dignità delle popolazioni considerate meno dei “beduini d’Africa" (Cialdini) e meno dei popoli più ostili ed incivili della Terra (Minghetti), con la recente scoperta presso un museo del Nord siamo certi che oggi, più che mai, sarà definitivamente convinto.
Il raccapriccio su quanto fatto da sadici alchimisti su dei corpi già straziati e dilaniati dalla violenza criminale della peggiore soldataglia che la storia italiana abbia mai conosciuto, si affianca alla pietà cristiana che vede in quei miseri resti umani insepolti un oltraggio alla nostra Fede.
Ma certi delitti, affinché non si ripetano e siano di monito per le generazioni future, non possono e non devono essere celati alla verità. Che la gente veda, sappia e si renda conto, una volta per sempre, quale è il vero volto del cosiddetto “Risorgimento”.

Cap. Alessandro Romano





TREDICI BRIGANTI

DOPO UN SECOLO RIAPPAIONO COME MUMMIE

di
Gianluca Nicoletti

da LA STAMPA del 1 febbraio 2012
Inserito su www.storiainrete.com l’8 febbraio 2012
Segnalato alla Rete da Nunzio Porzio

Nel museo civico di Salò saranno esposte teste mozzate e pezzi anatomici di tredici briganti. Scopriamo così che i “ribelli” di epoca Risorgimentale furono anche usati come cavie, per sperimentare misteriosi preparati capaci di “pietrificare” i cadaveri. Le “opere” che saranno esposte, riscoperte grazie a uno studio italo-tedesco, erano state custodite per più di un secolo nell’ ospedale della città e sono prodotto dell’ invenzione di un singolare medico imbalsamatore, il professor Giovan Battista Rini, nato proprio a Salò nel 1795.
Rini, usando anche i corpi dei briganti uccisi, che qualcuno mise a sua disposizione, mise a punto una sua tecnica segreta di conservazione. Aveva seguito le orme di Girolamo Segato, uno scienziato e viaggiatore, vissuto a Firenze nei primi decenni dell’ 800, che studiò a lungo le tecniche degli antichi egizi direttamente in loco.
Come il suo maestro, il pietrificatore di Salò si portò nella tomba il segreto delle sue capacità di conservazione di anatomie, che lo pongono come anticipatore della plastinazione, del contemporaneo Gunther Von Hagens, l’anatomopatologo tedesco che oggi fa molto discutere con la sua mostra itinerante di cadaveri trasformati in opere d’arte.
L’ interesse della mostra è anche storico, saranno mostrati per la prima volta in pubblico busti e teste di briganti, tra cui una mummia che per un periodo fu a torto attribuita al leggendario bandito Zanzanù, un criminale sanguinario che con la sua banda seminò terrore agli inizi del 1600 sui monti dell’Alto Garda.
I tredici briganti decapitati ed esposti come reperti anatomici sono tutti vissuti nella prima metà dell’ 800, molti furono sicuramente fucilati e tra loro c’è anche una donna. Quei tredici briganti trasformati in reperti da museo, almeno potranno ancora oggi raccontarsi attraverso quello che era il loro volto, in alcuni casi straordinariamente conservato grazie alle tecniche segrete del loro imbalsamatore.
Non che possa loro consolare, ma lo stesso privilegio non toccò a Giuseppe Mazzini, di cui si ha solo il ricordo di una maschera mortuaria di gesso. Quando questi morì a Pisa, il 10 marzo 1872, anche i suoi discepoli cominciarono ad accarezzare l’ idea di pietrificare il corpo del loro profeta e trasformarlo in un monumento.
Per questo fu chiamato da Lodi il Professor Paolo Gorini, altro matematico e scienziato, pure lui noto preparatore di cadaveri che pietrificava, anche lui, con un procedimento da lui stesso inventato e il cui segreto, come gli altri, si portò nella tomba.
Quando il Gorini arrivò a Pisa però Mazzini era già morto da due giorni e si stava decomponendo. L’ imbalsamatore poté fare ben poco, il corpo venne comunque esposto, ma fu presto ritirato. Molti si erano lamentati dell’odore imbarazzante emanato da chi sarebbe dovuto esser morto in odore di santità, seppur laica. Ciò che restava di Mazzini finì così per esser tumulato a Staglieno.
Oltre a ogni giudizio della storia, passato o futuro, forse si può dire che, almeno in questo caso, ai tredici briganti alla fine è andata meglio. Non è da escludere che potrebbero presto pure diventare figure simbolo, magari per qualche simpatizzante del movimento dei Neoborbonici, che non soffre del pregiudizio storico che li vorrebbe comuni criminali, anarchici e sanguinari, ma potrebbe dar loro persino la dignità di combattenti, trucidati per aver difeso un ideale.
I tredici briganti che dopo un secolo riappaiono come mummie da museo.
Tra loro pure una donna, li fucilarono, ma resero i loro corpi quasi eterni. Con Mazzini, invece, non fu possibile.




domenica 26 febbraio 2012

A proposito del film su Carmine Crocco


LA RAI, CROCCO E
"ATTACCHIAMO IL CIUCCIO
DOVE VUOLE IL PADRONE"

di
Pino Marino


Con l'abitudine che abbiamo ad assistere ad autentici stravolgimenti della verità storica da parte di ogni trasmissione, fiction o approfondimento RAI, dobbiamo ammettere che stavolta poteva andare peggio. Le vicende che caratterizzarono la vita di Crocco, più o meno, ci sono tutte. Non proprio dettagliate ma ci sono. Cosa avvenne? Crocco, soldato del Regno, diserta per andare a vendicare l'onore della sorella insidiata da un nobiluomo. Dopo il delitto ricercato dalla Real gendarmeria si da alla macchia. All'arrivo di Garibaldi va a combattere per lui sul Volturno, nella speranza di un perdono. Disattese le sue speranze e constatata, di fatto, l'invasione piemontese, il nostro decide di organizzare un gruppo resistente. Spalleggiato da Nicola Summa-il fido Ninco-Nanco, raccoglie un gran numero di armati; arriveranno ad essere tremila e ad affrontare i piemontesi anche in campo aperto, come un esercito regolare, sconfiggendoli spesso o mettendoli più volte in fuga. Questa è la storia e qualcosina nella fiction c'è, pure la vicenda del cane e della mamma è vera.
Certo l'ambientazione resta quella classica della vulgata risorgimentale, ma da RaiUno-fiction sarebbe stato pretendere troppo. Quindi: Francesco II (lasagna) e Maria Sofia sono due inconsapevoli e svagati principi che, con il Regno sull'orlo del precipizio, si barcamenano qua e là tra foto di corte e rassegne di truppa. Niente a che vedere con l'eroina di Gaeta, che sugli spalti, sotto l'incessante bombardamento piemontese, incoraggiava i suoi soldati e ne curava le ferite o con quel Re, dignitoso fino alla fine, che lasciò il suo popolo e la sua capitale per evitargli i disastri della guerra. Non portò via neanche un centesimo dalle casse dello stato, lasciò nel banco di Napoli anche i suoi depositi personali...
Il clima sociale, poi, in cui viene collocato il brigantaggio è un falso storico di proporzioni ciclopiche. Ninco Nanco e soci sarebbero stati miseri ladruncoli che approfittano della venuta garibaldina per arrotondare i loro bottini. Il famoso luogo comune, trito e ri-trito, del brigantaggio “male endemico” del mezzogiorno...e ti pareva...Non fu così.
Esistevano nel Regno delle Due Sicilie fenomeni delinquenziali, ne più e ne meno di quanto non esistessero in Piemonte, Lombardo-Veneto, Francia o Inghilterra; ma il brigantaggio post-unitario fu tutt'altra cosa. Furono Patrioti, partigiani, una vera lotta di popolo contro l'invasore piemontese. Centinaia di comitive armate con migliaia di uomini intenti a difendere la loro terra, la loro Patria. Combatteranno stoicamente facendosi ammazzare fino all'ultimo uomo. Erano i nostri bisnonni...
Questo però agli storici sfugge o non interessa.




Il brigantaggio a Sud è sempre esistito dicono...mai però che facessero il nome di una banda brigantesca operante durante il Regno di Ferdinando II (padre di Francesco); vuoi vedere che non c'erano proprio? Dopo l'unità d'Italia invece.....
La fiction comunque, passata tra passioni amorose dei nostri eroi, duelli all'arma bianca ed ambientazioni western, ha il merito di parlare della rivolta che gli abitanti dell'ex Regno delle Due Sicilie misero in atto contro un nemico invasore.
Narra di vicende, come abbiamo già detto, accuratamente nascoste ed ignorate dagli storici di vaglia. Questo, certamente, è un aspetto positivo. Si ha pure l'impressione che vi sia stata qualche aggiunta postuma, che il regista, Poeti, abbia dovuto aggiungere un po di “sano patriottismo italico”, non sappiamo quanto per propria convinzione. E così ecco l'affermazione in cui Garibaldi sta ”combattendo a cavallo alla testa delle sue truppe come fa sempre”...con successiva visione di un, ridicolo, don Peppino a cavallo con tre garibaldini “sparanti” senza alcun nemico di fronte... Una sequenza girata frettolosamente e senza grande sforzo scenografico. Trascurando anche il particolare che, a causa dell'artrite reumatoide che lo affliggeva, l'eroe dei due mondi a cavallo non ci poteva proprio salire. Ma questa è storia, quindi tutt'altra cosa. Ah, a proposito, ho notato, contando accuratamente, che Garibaldi aveva pure due orecchie. In effetti una gli era stata mozzata in sud-america, una punizione che si comminava ai ladri di cavalli, ma questo proprio non si poteva raccontare. Ed allora? attendiamo la seconda puntata.
La seconda puntata è appena terminata. Che dire? Tutto il peggio possibile. Le premesse su cui si era costruita la prima cadono completamente e non voglio neanche soffermarmi sulla verità storica, completamente inesistente; non abbiamo avuto nemmeno il raccontino dei libri scolastici. Ci siamo abituati, ce ne saremmo fatti una ragione. No, è tutto il contario di tutto, e quindi:
I liberali che si impossessarono dei terreni dopo l'unità d'Italia, grazie alle tristemente note “leggi truffa”, qui se ne impossessano perchè le vendono i Borbone...”Star Wars”.
I mille che partirono da Quarto su due navi comprate dal Piemonte (ci sono i documenti) qui si sente dire partiti in nome di Mazzini e quindi della repubblica...”Star Trek”.
Crocco entra a Potenza alla testa dei suoi briganti in nome di Garibaldi.....”Blade Runner”.
Ed infine il nostro eroe non si schiera contro i piemontesi in quanto invasori. Lo fa solo perchè un infido barone meridionale diventa questore e medita la sua vendetta contro di lui...Intera saga di “Harry Potter”.
Certo mai fidarsi dei meridionali...
C'è ancora di peggio. La fiction appare a tratti incomprensibile. Se ne perde il filo. Molte situazioni si accavallano e sfuggono alla comprensione. Si ha quasi l'impressione, ma è molto più di un impressione, che il prodotto sia stato stravolto in corsa. Si direbbe proprio che il regista e la sceneggiatura, andassero per una strada diversa e che qualcuno, chissà poi perchè, abbia imposto modifiche “politically correct”...ed il buon Poeti (bisogna pur campare) abbia dovuto barcamenarsi per modificare quanto già girato: “pro-domo loro”. Una sorta di “attacchiamo il ciuccio dove vuole il padrone”. Solo fantasia? Può darsi ma, se così non è, Poeti non è neanche il sosia di un regista e bene farà a cambiare mestiere. Perchè? Beh, è vero che al termine troneggia la scritta:“liberamente ispirato da vicende storicamente accadute”... per cui ci infiliamo dentro quel che ci pare, ma se l'irriducibile Fantozzi, qualificava la corazzata Potemkhin, “ una cagata pazzesca”...
Io mi domando: questo cos'è?


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Così la Rai ha tradito i briganti
di
Antonio Giuliano
da
“La Bussola quotidiana”
del 20 febbraio 2012
quotidiano cattolico di opinione on line www.labussolaquotidiana.it


I briganti son tornati. Dopo anni di silenzio sembra godere di maggiore interesse un capitolo della nostra storia a lungo ignorato: il brigantaggio. Un fenomeno spesso falsato o minimizzato dai libri scolastici, finito ai margini della recente sbornia celebrativa dell’Unità d’Italia, eppure un nodo della storia nazionale imprescindibile per capire gli attuali problemi del Mezzogiorno. Nuovi studi e iniziative di rievocazione storica (come quella imponente che si svolge ogni anno in Basilicata “La storia bandita”), fino alla fiction andata in onda sulla Rai, “Il generale dei briganti”, dedicata al leggendario capopopolo lucano Carmine Crocco (1830-1905). «Ma è stata un’occasione perduta – tuona lo storico Francesco Pappalardo, autore di diversi studi sul brigantaggio, confluiti anche nell’ultimo L’unità d’Italia e il Risorgimento (D’Ettoris 2010), e risorgimentali, come Il mito di Garibaldi. Una religione civile per una nuova Italia (Sugarco 2010). Troppe le falsità storiche. È inaccettabile che la Rai, servizio pubblico, mandi in onda simili falsificazioni».
Al di là di quell’improponibile accento napoletano messo in bocca ai briganti lucani quali altre grossolanità ha presentato la fiction?
È vero che nei titoli di coda era specificato che la storia raccontata fosse frutto di fantasia. Ma si è andati oltre, perdendo un’occasione per far luce sul brigantaggio e sui problemi post-unitari. Non c’è quasi niente di realmente accaduto in questa fiction, che assomiglia più a un fogliettone infarcito di intrighi sentimentali e di personaggi inventati. Senza dubbio Crocco non parlava napoletano. Ma gli stessi episodi della sua vita sono stati falsati: quel don Ferdinando che lui uccide per aver importunato la sorella in realtà era suo benefattore. Ma soprattutto si passa direttamente dal 1860 al 1864: mancano gli anni cruciali del brigantaggio, quelli combattuti per ripristinare la dinastia borbonica. Grave infatti è l’assenza nel film del generale José Borges, inviato dal re Borbone per coordinare l’insurrezione, il principale collaboratore di Crocco. Fu l’anima politica della rivolta, anche se poi Crocco l’abbandonò per proseguire la sua battaglia personale.
Su Crocco è uscito di recente anche un libro Il brigante che si fece generale (pub-blicato dall’editore Capone da tempo attento al fenomeno del brigantaggio). Un volume che raccoglie i memoriali attribuiti al brigante lucano e una contro-biografia critica su questo personaggio. Ma chi era davvero Crocco?
Non è un personaggio nobilissimo che va esaltato troppo. È stato un assassino, ha ucciso un commilitone, ha cambiato bandiera. È stato garibaldino per convenienza a un certo punto. Ma quando gli è stata negata l’amnistia promessa è ritornato filo-Borbone. La fiction fa vedere solo la parte iniziale in cui per salvarsi si schiera con Garibaldi. Quindi lo spettatore sprovveduto può pensare che sia stato garibaldino, quando invece ha combattuto per quattro lunghi anni, dal 1860 al 1864, contro la rivoluzione sabauda beccandosi la condanna a morte e poi l’ergastolo. Per anni incarnò le aspirazioni della povera gente e divenne famoso grazie alle sue esaltanti vittorie contro i reparti sabaudi. Allo studio univa delle doti eccezionali di condottiero, guidò anche un esercito di 2-3 mila uomini. E divenne il più noto dei briganti anche perché fino alla fine non fu ucciso.
Dalla fiction sembra ci sia stata una lotta di classe tra Crocco e i cosiddetti galantuomini.
Sì, ma non è andata così. Le aspirazioni della popolazione non erano soltanto sociali, co-me hanno scritto gli storici di sinistra. Ma c’era un progetto politico di restaurazione dei Borbone. Il primo a parlare di lotta di classe è stato lo storico Franco Molfese, autore di Storia del brigantaggio dopo l’Unità (Nuovo Meridiano), il volume più documentato sul te-ma, sebbene di impostazione marxista. Poi però Molfese si è pentito, ammettendo che i contadini non sapevano neppure che cosa significasse lotta di classe. In realtà le giuste rivendicazioni della povera gente erano contro quei cosiddetti galantuomini che dopo la rivoluzione francese si erano impadroniti con metodi spesso illeciti delle terre e delle pro-prietà ecclesiastiche espropriate. I Borbone invece avevano cercato di restituire i terreni ai contadini e per questo si erano inimicati i galantuomini, la nuova borghesia, che difatti aiutarono Garibaldi e beneficiarono del nuovo contesto unitario. Per la gente invece era l’ennesima sconfitta, per questo invoca il ritorno della dinastia borbonica come garante dei suoi diritti.
Però nella vulgata i briganti son passati solo come un gruppo di criminali o cafoni.
Bisogna ritornare alle origini del fenomeno. Quando nel 1860 Francesco II di Borbone abbandona Napoli tutte le popolazioni di Campania e Abruzzo reagiscono contro i Savoia e i garibaldini. È una vera guerra civile. Nel 1861 trenta comuni campani inalberano la bandiera borbonica: sono intere municipalità. L’esercito sabaudo diventato italiano risponde con la distruzione di interi paesi e il massacro delle popolazioni come a Pontelandolfo e a Casalduni (Benevento). A questo punto i rivoltosi si danno alla macchia e salgono in montagna: è l’inizio del brigantaggio “classico”. Tra questi ci sono contadini e comandanti politici, una parte amplissima della popolazione. La legge Pica del 1863 proclama lo stato d’assedio in tutte le province del Regno delle Due Sicilie, eccetto Napoli e Reggio Calabria. L’epicentro della protesta fu in Basilicata perché i luoghi si prestavano ai nascondigli, ma anche perché erano lucani i capi più autorevoli come Crocco e Ninco Nanco. La resistenza armata fu l’aspetto più evidente, ma la popolazione respingeva il nuovo ordine, unitario rifiutando di andare a votare o di prestare servizio militare.
Quando terminò il brigantaggio?
Di fatto nel 1866. Dopo la terza guerra d’indipendenza contro l’Impero d’Austria, vengono meno le condizioni per una restaurazione: Francesco II scioglie il governo borbonico in esilio e rinuncia a tornare. Poi la macchina repressiva aveva esaurito il suo compito: i grandi capi erano stati eliminate e le bande disperse. Quando cade l’obiettivo politico, tra i briganti prevalgono gli aspetti delinquenziali e sociali. Ma le popolazioni avevano resistito in nome dell’attaccamento ad un regno, quello di Napoli, che durava da oltre 700 anni: difesero con fierezza una patria che sentivano calpestata dalla Rivoluzione.
Quali furono gli errori commessi dal nuovo stato unitario?
Oltre alla sottovalutazione dell’attaccamento del Meridione al regno borbonico, anche l’incomprensione totale di un mondo diverso. Quando i rappresentanti dei Savoia arrivarono in Molise, commentarono: «Questa è Africa, questi son beduini». Poi l’imposizione di uno Stato al Sud sconosciuto: centralista e burocratico. Le nuove tasse erano molto più alte e l’obbligo del servizio militare sottraeva braccia all’agricoltura. Ecco perché anche nella fiction si dice: “O briganti o migranti”. Quelli che non volevano prendere le armi erano costretti a fuggire e ci fu un’emigrazione spaventosa, mai vista prima. Nacque lì la questione meridionale. E si spiega anche la nascita delle organizzazioni criminali (mafia, camorra, ecc). Lo Stato veniva visto soltanto come il carabiniere, l’esattore delle tasse, quello che ti faceva partire il figlio. Poi non dimentichiamo che lo Stato unitario fu immediatamente repressivo nei confronti della Chiesa: oltre 100 vescovi cacciati, proprietà ecclesiastiche requisite e vendute ai soliti notabili, aggravando le condizioni dei contadini. Se non altro, i Borbone avevano capito la matrice anti-cattolica sia della rivoluzione napoleonica che del Risorgimento. Anche nella fiction si mostra Francesco II insidiato, perché cattolico, dalla Gran Bretagna che stravedeva invece per Garibaldi, l’eroe in grado di cacciare il Papa.
Per unificare l’Italia c'era un'alternativa alla conquista militare e alla soppressione del Regno delle Due Sicilie
Prendiamo la Germania. Si è unificata federalmente. Fino alla prima guerra mondiale il re di Baviera era ancora sul suo trono. Tutti i principi tedeschi dipendevano dall’imperatore (Guglielmo II). Non vedo perché Vittorio Emanuele II non potesse diventare imperatore d’Italia lasciando sul trono altri sovrani. E invece si è puntato su un modello di stato che non ha tenuto conto delle specificità locali. Non si tratta di essere filo-borbonici, ma di considerare un regno quello meridionale, diverso per cultura e costumi. E che in 700 anni aveva dato un’identità alla popolazione.
I briganti erano davvero devoti come appare nella fiction?
È un discorso pericoloso perché anche i mafiosi sono spesso “devoti”. Certo il brigante medio aveva una forte connotazione religiosa e nutriva una forte devozione per i santi e per la Madonna, tipica del Sud. E anche se la componente politica era prevalente nella loro lotta, non era estranea la difesa dell’identità religiosa. Frati e sacerdoti furono fucilati perché aiutarono i briganti. Anche perché il clero veniva perseguitato brutalmente dallo Stato unitario.
C’è una nuova consapevolezza sul fenomeno del brigantaggio?
Permane tra gli storici un filone “unitario” che considera ancora i briganti alla stregua di delinquenti. E un filone marxista duro a morire che ripresenta il brigante come il cafone che prende le armi perché oppresso socialmente. Eppure anche uno storico come Giuseppe Galasso, che non è certamente filo-borbonico, insiste molto sulla componente dinastica: se nel 1799 ci fu una controrivoluzione per difendere la religione, dal 1860 ce ne fu una per difendere il regno. Certo libri, come “Terroni” di Pino Aprile, non aiutano svolgere a un ragionamento articolato: si semplifica e si banalizza troppo etichettando il Nord come predone del Sud. Non è che i piemontesi fossero cattivi. C’è stato un ceto dirigente che ha imposto uno Stato unitario anti-cattolico, non rispettoso delle altre entità statali della penisola, diverse per storia, costumi e cultura. La questione meridionale nacque allora, così pure quella cattolica e quella federale. È un processo storico che merita di essere riconsiderato. Ci sono anche lodevoli iniziative culturali, per esempio a Gaeta e in Basilicata. Ma attenzione a fare del folklore. Altrimenti si finisce come con lo sceneggiato.




martedì 21 febbraio 2012

Quando Napoli fece tremare l'Europa

Ferdinando II

"Vi fu un tempo in cui Napoli
fece tremare l'Europa"di
Mario Parisi
21/02/2012
 
Un discorso pronunciato nel 1836 da Re Ferdinando II
sembra riecheggiare negli spogliatoi del San Paolo prima di Napoli-Chelsea...

Napoli-Chelsea, il trailer (VIDEO)"Vi fu un tempo in cui Napoli fece tremare l'Europa. Non dico che possa farla tremare oggi, ma non per questo dobbiamo noi tremare".
Correva l'anno 1836 quando Re Ferdinando II pronunciò questo discorso ai suoi ministri. Tra il Regno delle Due Sicilie ed il Regno Unito era in atto una vera e propria crisi diplomatica legata al commercio e alla produzione di zolfo, con le truppe inglesi che arrivarono nel golfo di Napoli pronte a bombardare la città partenopea.
Quelle parole di Ferdinando II, decontestualizzate, sembrano oggi quanto mai attuali a poche ore da Napoli-Chelsea, quello che il presidente De Laurentiis non ha esitato a definire "un appuntamento con la storia", tanto che se Walter Mazzarri (o chi per esso vista la squalifica) dovesse pronunciarle prima della partita negli spogliatoi del San Paolo, calzerebbero quasi a pennello per l'occasione!
C'è stato un Napoli che ha fatto davvero tremare l'Europa, quello di Maradona che si aggiudicò nel 1989 una Coppa Uefa paragonabile quasi all'attuale Champions League, visto che a parteciparvi erano le seconde, terze e quarte classificate dei campionati più importanti del Vecchio Continente.
Questo Napoli di certo non è ancora in grado oggi di far tremare l'Europa, né può essere paragonato allo squadrone guidato dal Pibe de Oro, ma non deve assolutamente aver paura di nessuno, neanche di una squadra dalla grande tradizione internazionale come il Chelsea.
Gli azzurri, sospinti da quella "fossa di leoni" che è il San Paolo, possono davvero ripetere l'impresa realizzata contro il Manchester City e far sognare ancora il pubblico napoletano, regalandogli un'altra notte magica, da ricordare.

FONTE. NapoliToday

Reggia del Carditello assaltata dalle telecamere





Reggia di Carditello presa d'assalto...da telecamere
Operatori, cronisti e fotoreporter hanno documentato
lo stato attuale in cui versa il Real Sito di Carditello

San Tammaro - Nel corso della mattinata di sabato, il Real sito di Carditello, è stato preso d’assedio da telecamere e macchine fotografiche. Un drappello di operatori, cronisti e reporter, si sono dati appuntamento all’esterno della casina reale, per documentare, da più angolazioni, le condizioni in cui versa il monumento borbonico. Nei giorni scorsi Interno18 aveva inoltrato, presso l’ufficio del curatore fallimentare, la richiesta per accedere al sito e documentare, attraverso riprese televisive, lo stato attuale della Real tenuta. La richiesta, manco a dirlo, è stata respinta a causa del vincolo giudiziario che inibisce l’accesso alla struttura. Questo non ha fermato i cronisti che, dall’esterno, hanno potuto comunque documentare il degrado che mortifica l’intera area dove sorge la fattoria che fu dei Borbone. Le polemiche, le discussioni e le tavole rotonde sull’argomento, si moltiplicano come si moltiplicano le iniziative a tutela del bene, da parte delle associazioni culturali, sparse sul territorio. Ha suscitato molto interesse, ad esempio, l’iniziativa dell’associazione no profit partenopea, “Orange Revolution.” I volontari di questo gruppo, di cui è presidente Raffaella Forgione, sono attivissimi su più fronti. Oltre ad aver superato le cinquemila firme, raccolte in poco più di trenta giorni grazie alla petizione online, lanciata per la salvaguardia del sito di Carditello, hanno proposto, a tutti i comuni della Campania, di creare una cordata per l’acquisto del monumento, attraverso l’esborso di un euro ad abitante. Una soluzione realizzabile, alla quale sembra stiano arrivando le prime adesioni. Il popolo e le associazione però, visto lo stato dell’arte e considerato l’assoluto immobilismo della Regione di Caldoro, non sono particolarmente fiduciosi, circa una favorevole risoluzione della vicenda. Ma forse occorre guardare oltre per capire il perché di un simile atteggiamento. Molti infatti, riflettono sul piano rifiuti elaborato dall’Ente Regione. Quel piano, che umilia ancora una volta la provincia di Caserta, prevede la nascita di strutture del ciclo dei rifiuti a Santa Maria Capua Vetere e a Capua. Considerato inoltre che, a poche centinaia di metri dalla reggia si staglia il sinistro profilo della discarica di Maruzzella, l’arcano è svelato. Perché mai, Caldoro o il Ministero competente, dovrebbe investire nel restauro della fattoria borbonica e nel rilancio turistico di questa provincia se, Terra di Lavoro, è destinata ad accogliere solo immondizia? Mentre il dossier epidemiologico appena pubblicato dall'Istituto Pascale ha dimostrato che in Campania, c'è un vertiginoso aumento della mortalità per tumori causati dall'inquinamento e dai rifiuti tossici, il piano della regione Campania si propone di risolvere il trattamento dei rifiuti, con la realizzazione di nuovi inceneritori e discariche. Questo progetto sui rifiuti, che sembra non rispettare la normativa europea che impone, entro il 2020, il raggiungimento del 65% di raccolta differenziata, sovradimensiona il fabbisogno di impianti senza prevedere bonifiche ambientali dei territori inquinati da discariche autorizzate ed abusive. Un beffa al territorio, alla provincia di Caserta e alla memoria dei Borbone che, fin dal 1700, praticavano la raccolta differenziata, con tanto di pianificazione settimanale per il ritiro dei diversi materiali. Oggi, la Reggia di Carditello, cade al centro di un triangolo maledetto di immondizia e forse, fatta questa considerazione, si spiega anche il perché, si siano perse le tracce di quei centomila euro per la presunta fondazione Carditello, che tanto avevano infiammato l’animo di qualche consigliere regionale, che non aveva esitato a cantare vittoria. Per quanto agonizzante, la fattoria borbonica, continua a raccontare la sua storia.

Fonte:  INTERNO 18 del 20.02.2012

lunedì 20 febbraio 2012

Gaeta XXI Convegno Nazionale Tradizionalista



XXI  CONVEGNO
NAZIONALE TRADIZIONALISTA
DELLA  FEDELISSIMA  CITTÀ  DI  GAETA
9, 10 e 11  marzo 2012


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Come già ampiamente annunciato attraverso questo notiziario e tutti gli altri canali di informazione a noi collegati, a causa delle particolari e gravi condizioni meteo l’appuntamento a Gaeta è stato spostato ai prossimi 9, 10 e 11 marzo.
Quindi, seppur con un mese di ritardo, anche quest’anno ci ritroveremo nella città della nostra identità, nella fedelissima e bellissima Gaeta, simbolo indelebile della resistenza ai soprusi ed alle nefandezze, luogo di orgoglio, riscatto e speranza, città martire e rigorosa custode di un messaggio profondo affidatole dai nostri eroi.
Un appuntamento al quale non è possibile mancare.

Diramiamo il programma – invito dell’evento













sabato 18 febbraio 2012

Eventi a Castelforte



DA DOMENICA 19 FEBBRAIO
EVENTI A
     CASTELFORTE (LT)
“Dai primati ai Briganti”
Interessante ciclo di conferenze promosso da “Terra di Briganti”,
con una fusione di sapori e saperi.
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Prosegue incessante il percorso identitario del Movimento Neoborbonico, con un ciclo di conferenze che si svolgeranno presso l'Osteria Terra di Briganti a Castelforte (LT).
Inaugura il ciclo, domenica 19 febbraio 2012, la conferenza storica di Gennaro De Crescenzo, serata dei primati e dell'orgoglio: industrie, economia, emigrazione e questioni meridionali.
Seguirà il 18 marzo: Serata della rabbia e del riscatto - "Briganti"? - , a cura di Alessandro Romano.
Ed in fine, 15 aprile Serata della verità storica tra passato e futuro: "150 anni di Malaunità? a cura di Angelo Forgione.
Per prenotazioni chiamare lo 0771 608730 - 348 8911 436/0/1.
Come arrivare:
A1: Uscire al casello di Cassino, percorrere la SS. 630 Cassino-Formia in direzione Formia e al 18° km uscire per SS. Cosma e Damiano/Castelforte-Terme.
Al fine di agevolare i tanti iscritti, e i simpatizzanti che non possono raggiungere agevolmente la località in cui avranno luogo le conferenze, ci sarà la diretta radiofonica con Radio Antenna Verde,che potrete seguire anche in streaming al link:





Novità editoriale - Gustavo Rinaldi









Booksprint Edizioni
Via Iannicastro, 1 - 84021 Buccino (SA)
Tel. 0828.1917068 - Fax: 0828.1917069






venerdì 17 febbraio 2012

Gaeta - Preghiera per la pace dei prodi




Gaeta celebra fine assedio, ' Preghiera per la pace dei prodi '.

Cronaca Gaeta (Latina), 17 feb. - (Adnkronos) - Alla presenza del presidente della Camera Gianfranco Fini, Gaeta ha celebrato questa mattina il 151° anniversario della conclusione dell'assedio, che pose fine al Regno delle Due Sicilie. 'Verso l'unita' d'Italia preghiera per la pace dei prodi', il titolo della manifestazione svoltasi nello stesso luogo in cui quattro giorni dopo la fine di quella lunga battaglia fu celebrata una messa per ricordare i vinti e i vincitori di quella vicenda.
"Gaeta -ha ricordato il sindaco Antonio Raimondi- pago' un alto tributo di sangue per l'unita' d'Italia. Siamo la porta di entrata al Sud e la rinascita del Sud significa la rinascita dell'Italia intera".
"Con un approccio volto al dialogo, alla riconciliazione e alla rilettura non agiografica degli avvenimenti -ha sottolineato il presidente della Provincia di Latina Armando Cusani- Rendiamo omaggio a Gaeta e alla sua cultura, sottolineandone il prestigio e l'originalita', per essere, in uno, simbolo di diversita' e di unione in quei cento giorni dell'assedio vissuto dalla citta' nel suo lungo divenire e in cui si formo' un patrimonio di storie individuali di italiani provenienti da regioni diverse che, pur divisi da un diverso ideale, furono parimenti protagonisti di una fase storica destinata a segnare per sempre il crepuscolo del Regno delle Due Sicilie, l'alba dell'Unita' d'Italia.

giovedì 16 febbraio 2012

Crocco il generale dei Briganti


CREARE CONFUSIONE

La nuova strategia di “mamma RAI”

di

Alessandro Romano


Sarebbe stato da boicottare e lasciato perdere nell’indifferenza se non fosse andato in onda in prima serata su RAI 1. Parlo del recente film televisivo sulla vita del Brigante Crocco, “Il generale dei Briganti”.
Abbiamo impiegato 20 anni per rivalutare la figura di uno dei maggiori briganti legittimisti, un uomo combattuto tra l’amore per la propria terra, l’onore, la fede ed il forte desiderio di riscatto e vendetta nei riguardi di coloro che erano venuti a depredare ed a sottomettere con la forza delle armi e con l’inganno delle ideologie.
La manovra di chi ancora detiene il potere dell’informazione è chiara e c’era da aspettarselo: appropriarsi dei nostri simboli e dei nostri personaggi, finalmente rivalutati e ricostruiti, per vestirli di un’ideologia a loro estranea che, di fatto, rinnega il loro vero valore etico ed i loro veri ideali politici e morali per i quali hanno combattuto e sono morti.
Ecco perché nel film di RAI 1 un gruppo di Briganti diventa incredibilmente garibaldino mentre un barone meridionale (Guarino), nemico naturale dei Borbone che lo hanno totalmente spodestato dei feudi, diventa addirittura il consigliere del re.
E’ chiaro che anche in questo caso il teorema non deve e non può cambiare: comunque la metti, vuoi o non vuoi, i Borbone sono sempre responsabili.
Ma a parte i Borbone che devono sempre apparire buoni a nulla ed opportunisti, con questa fiction persino le vicende ormai accettate dalla storiografia di regime sono state totalmente travisate.
Carmine Crocco, detto “Donatelli”, fu garibaldino, è vero, ma quando non era ancora Brigante. Infatti, arruolatosi nelle camice rosse ed accortosi dell’errore, diventò Brigante legittimista, muovendo un'accanita guerriglia antipiemontese in nome del re Borbone e di uno stato che, per oltre un secolo, aveva assicurato pace, terra e lavoro a tutti.
Credere che Mazzini e Garibaldi fossero stati ingannati dal Savoia ed ignorare, invece, che erano entrambi “dipendenti” della Massoneria che aveva imposto quelle gerarchie di comando e quelle alleanze, è come credere che Gesù Cristo sia morto di freddo e non per i chiodi.
Il “Risorgimento” fu una congiuntura di uomini e di stati, asserviti ad un sistema politico ben preciso, ottimamente architettata che operò ai danni della nostra Gente e di tutti gli italiani per impedire la nascita della vera Italia, una nuova nazione nel cuore del Mediterraneo che avrebbe messo in discussione le politiche del mondo. Fu un vero e proprio complotto internazionale, i cui falsi principi di libertà e di uguaglianza sono tuttora difesi dalla storiografia di regime e dai soliti registi e giornalisti “ciucci e venduti”.
Ora, alla valanga di mail di protesta che stanno giungendo alla RAI da tutto un popolo informato e, perciò, arrabbiato, sicuramente si risponderà, come al solito, che essendo quella una fiction ha il valore di un romanzo e come tale va presa. E perchè allora con lo stesso spirito romanzesco un bel giorno mamma Rai non si impegna, sempre con i soldi dei suoi abbonati forzati, a produrre un film nel quale Garibaldi appare come un predone e Mazzini un delinquente mandante di crimini ed assassini al soldo dell’Inghilterra? Tanto è una fiction. Questo sì che sarebbe un bel romanzo, un vero scup che, tra l’altro, andrebbe al di là di ogni immaginazione perchè corrispondente alla verità storica.
Purtroppo “l’Italia è un Paese che non è ancora maturo per la verità”, disse “qualcuno”, ed in base a questo principio ogni richiesta di verità storica, da qualsiasi direzione essa giunga, viene sistematicamente bollata come una strategia messa in atto per destabilizzare la cultura.
Con un tale presupposto, la recente trasmissione televisiva rappresenta la nuova strategia promossa da “mamma rai”: creare confusione per camuffare la verità. Probabilmente ancora credono che non siamo maturi per meritarla la verità.
Infatti, molti telespettatori dopo aver visto la fiction sul generale Crocco, sono ormai convinti che questa Italia è stata fatta dai Briganti, traditi dai baroni, ma amici di Garibaldi e non più da Garibaldi mandato dai Savoia alleati dei baroni nemici dei Borbone e nemici dei Briganti. Mah!
E se questa non è confusione diteci un po’ voi come chiamarla.
Se non avete una risposta, provate a chiederlo alla RAI ai seguenti indirizzi:  






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A PROPOSITO DI

BRIGANTI

Anche tra i loro “addetti ai lavori” qualcuno comincia a perdere la pazienza, fino ad arrivare a criticare aspramente l'ultimo sceneggiato televisivo trasmesso dalla Rai.
Inoltre ha preso vita un coro unanime di proteste, anche pungenti, di chi, ormai stufo, intima alla TV di Stato di smetterla con questi polpettoni intrisi della più infima ed indifendibile retorica risorgimentale.
La speranza è che, una volta per sempre, la finiscano di propagandare falsità storiche su quella che fu una immane tragedia di cui, ancor oggi, i popoli del Sud ne stanno pagando le dure conseguenze.


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Dal quotidiano IL GIORNALE del 14 febbraio 2012, pag. 30










Spett.le RAI
sono un cittadino che, da sempre e puntualmente entro il 31 gennaio di ogni anno, paga il canone RAI.
Quale Vostro affezionato telespettatore ed anche perché studioso di storia, ho assistito con iniziale entusiasmo alla fiction “Il Generale dei Briganti”, che avete mandato in onda domenica e lunedì scorsi. Ma, come persona intellettualmente onesta ed amante della verità storica, sono rimasto totalmente deluso.
Lo sceneggiato in questione ha soprattutto offeso la mia intelligenza di buon conoscitore della storia del risorgimento e del cosiddetto “brigantaggio post-unitario”. Infatti, con cognizione di causa, posso affermare che la “vera” storia della vita di Carmine Crocco Donatelli non è assolutamente quella che ci avete raccontato nelle due puntate da Voi mandate in onda, addirittura in prima serata! A tale riguardo potrei suggerirvi l’istruttiva lettura della biografia del personaggio (una per tutte “Il brigante che si fece generale”, pubblicata a cura di Valentino Romano), oppure la visione del film (“storico” nella più appropriata accezione del temine, in quanto trattasi di uno splendido esempio di trama avvincente, coerenza storica e onestà intellettuale!) “Li chiamarono... briganti” di Pasquale Squitieri. Qualora non possediate copia di questo film (cosa questa che mi sembra impossibile, poiché la grande RAI dovrebbe averne almeno una nei suoi archivi), vi invito a visionare il meraviglioso sceneggiato televisivo (che fu edito proprio da Voi) “L’eredità della Priora” di Carlo Alianello.
Nella “finta” fiction su Crocco (sebbene nell’ultimo fotogramma dello sceneggiato tentiate di salvarVi in calcio d’angolo attraverso l’avvertenza che si tratta di un lavoro, frutto di fantasia, “liberamente ispirato da vicende storicamente accadute”) propinataci, purtroppo, ne esce malconcia soprattutto la Storia. Delle due l’una: o avreste dovuto rimanere fedeli alla verità storica dei fatti (cosa che non c’è stata), oppure non avreste dovuto assolutamente utilizzare i nomi di Carmine Crocco, di Nicola Summa (detto Ninco Nanco), di Francesco II di Borbone, di Garibaldi, del traditore Caruso, etc., in quanto questi sono personaggi appartenenti ad un’altra storia, totalmente diversa da quella che ci avete raccontato.
Senza voler scendere nei particolari, cosa questa che ci porterebbe molto lontano, mi permetto di osservare che, nella circostanza, la RAI non ha fornito un buon servizio, in quanto (pur senza entrare nel merito artistico-culturale), a mio parere, si è trattato di un lavoro televisivo di infimo (se non proprio nullo!) valore storico che, da un lato, ha arrecato una mortificante offesa all’intelligenza dei conoscitori delle “vere” vicende risorgimentali, dall’altro, per i disinformati in materia, è stata una trasmissione altamente diseducativa!
Sì, avete capito bene: “diseducativa”, perché la storia deve essere “maestra di vita” ed è necessario far conoscere a tutti la verità, anche se scomoda, perché le bugie, non solo non portano da nessuna parte, ma soprattutto inaspriscono l’animo di chi le subisce. Ed anche se le storia è mostruosa (come lo è quella del risorgimento italiano e della conquista manu militari del Regno delle Due Sicilie), bisogna ricordarla e raccontarla proprio com’è stata e non manipolata, stravolta, falsificata!
Questo povero nostro Paese, per conoscere e per capire il proprio passato, ha bisogno di filmati pienamente rispettosi della Verità Storica e non di polpettoni alla beautifull che, al contrario, aumentano solo la confusione e la disinformazione.
Pertanto, non solo in qualità di abbonato, ma anche e soprattutto come cittadino, chiedo semplicemente la Verità.
Tanto premesso, credo che la RAI, qualora voglia porre rimedio al lamentato inconveniente, dimostrando di essere veramente imparziale e rispettosa nei confronti di tutto il suo pubblico, debba mandare in onda in prima serata il sopra menzionato film di Squitieri od, in subordine, l’intero sceneggiato televisivo “L’eredità della Priora”.
Diversamente, se codesto Ente pubblico non recupererà la fiducia persa, vi preannunzio che io ed i miei familiari (nonché, probabilmente, le tante persone a me vicine: parenti, amici e conoscenti, alle quali esporrò le medesime considerazioni, con una pubblicità decisamente negativa per Voi), d’ora in poi, non seguiremo più qualsivoglia trasmissione RAI, a cominciare dal Festival di Sanremo, che inizia ad andare in onda proprio da questa sera.
Ringraziando per la cortese attenzione e confidando nell’onestà intellettuale di chi legge, porgo i più distinti saluti, dott. Ubaldo Ettore Sterlicchio.

Telese Terme, 14 febbraio 2012.




mercoledì 15 febbraio 2012

Preghiera per i Prodi a Gaeta


Il Faro on line - Nell’ambito delle celebrazioni del 150esimo Anniversario dell’Unità d’Italia, Gaeta sarà sede di un importante avvenimento che si svolgerà venerdì 17 febbraio in Piazza Trieste a partire dalle 10 dal titolo “Verso l’Unità d’Italia. Preghiera per la pace dei prodi a Gaeta 150 anni dopo”.
Alla presenza del Presidente della Camera Gianfranco Fini, del Presidente della Provincia Armando Cusani, del Sindaco di Gaeta Antonio Raimondi e del Comandante Generale della Guardia di Finanza Nino Di Paolo verrà scoperta una campana commemorativa, opera della Pontificia Fonderia Marinelli di Agnone, in ricordo delle vittime dell’Assedio di Gaeta del 1860-61.
“La scelta del luogo e della data non è casuale ed è stata proposta dall’Amministrazione Comunale perché sull’attuale Piazza Trieste, 151 anni fa, fu celebrata una messa che oltre a ricordare i caduti voleva rappresentare anche un gesto pacificatore e di commemorazione di tutti coloro che si immolarono per un ideale – afferma l’Assessore alla Cultura Salvatore Di Ciaccio - La collocazione della campana riveste pertanto un forte valore simbolico, oltre che un messaggio rivolto alle nuove generazioni, e Piazza Trieste si presta bene allo scopo per essere un luogo di aggregazione oltre che il centro di un distretto scolastico numeroso. Questo appuntamento ingloba in sé anche la ricorrenza del 13 febbraio data della caduta di Gaeta, con il corteo di morte e distruzione, che ha segnato la fine del Regno delle Due Sicilie”.
“Va inoltre rimarcata la presenza del Presidente della Camera Gianfranco Fini che rafforza una volta di più il valore ed il sacrificio di Gaeta e dei suoi abitanti nelle vicende che portarono all’Unità, e ricordando anche la visita del Presidente dell’Unità di missione del 150esimo, Giuliano Amato, possiamo ritenerci orgogliosi della nostra storia e dell’eroismo dei Gaetani – aggiunge Di Ciaccio - Questi eventi, e tutte le attività svolte durante questa importante ricorrenza dal Comitato Cittadino, hanno dato lustro e visibilità ad una storia tragica che ha segnato la nostra città e nel panorama nazionale hanno contribuito fortemente a dare un senso a questo anniversario con uno spirito propositivo ben sintetizzato dallo slogan «la verità rafforza l’Unità»”.
Per consentire un migliore svolgimento della manifestazione, e per ragioni di sicurezza dettate dalla presenta del Presidente Fini, gli uffici del Comune saranno chiusi al pubblico fino alle ore 11, così come Piazza XIX Maggio. Per quanto riguarda le scuole, resteranno chiusi l’Istituto Nautico ed il Liceo Scientifico; sarà consentito l’ingresso dei bambini all’Asilo Nido entro le 8:30; l’accesso alla scuola Virgilio potrà avvenire solo da Piazza della Libertà, mentre per la Giosuè Carducci saranno accessibili solo Via Veneto e Via Firenze. Tutte le informazioni sulla viabilità saranno comunicate alla cittadinanza tramite manifesti ed le ordinanze sulle transenne lungo le strade interessate.

Fonte: IL FAROonline del 14 febbraio 2012

Briganti a Ladispoli


La Prof.ssa Caterina Luisa De Caro è la promotrice dell’evento culturale che si terrà in collaborazione con il Comune di Ladispoli, il Movimento Neoborbonico e l’Associazione “In Cammino” a Ladispoli (RM, il prossimo venerdì 17, con apertura della Mostra Itinerante sul Brigantaggio alle ore 10.00 e la conferenza illustrata alle ore 16.00.
Amici e compatrioti sono invitati.








martedì 14 febbraio 2012

Rggia di Carditello





Reggia di Carditello: l'ultimo appello


Si moltiplicano le azioni volontarie finalizzate a salvare il Real Sito borbonico. Altro smacco alle Istituzioni che, anche dinanzi all'agonia della struttura, restano a guardare.

San Tammaro - Parte un’altra iniziativa, in favore della Reggia di Carditello. Non si ferma il tam tam sul web e si moltiplicano le azioni volontarie, finalizzate al recupero del bene Borbonico. La sventurata storia della fattoria borbonica, rimasta pressocchè sconosciuta, fino a poco tempo fa, oggi, suscita indignazione e dissenso, nelle migliaia di persone che si aggregano intorno alle associazioni culturali che si fanno promotrici di decine di iniziative a salvaguardia del sito. Il 'caso Carditello', ha varcato i sordi confini della provincia di Caserta e superato quelli regionali, grazie alle telecamere di Rai3 e della trasmissione Report, di Milena Gabanelli. La latitanza della politica, l’incapacità della Soprintendenza, la superficialità dell’Unesco casertana, l’assenza della Fai, la pessima gestione della Reggia borbonica da parte del Consorzio del basso Volturno, proprietario del bene, fanno della piccola reggia, il paradigma dell’inadeguatezza e dell’anacronismo di una certa classe dirigente. Quella che poteva e doveva essere colta come un’opportunità di riscatto e di rilancio della provincia di Caserta, viene vista come una patata bollente da allontanare da sé. Questo insieme di componenti negative, hanno favorito il montare di un vero e proprio movimento d’opinione, che ha come epicentro la questione di Carditello. L’associazione “Orange Revolution -cambiare sé stessi per cambiare il mondo”, ha lanciato una petizione online, che ha già raggiunto le 5000 firme, in meno di 30 giorni; ma non si sono limitati a questo. Attraverso la pratica della “mailbombing”, cioè del massiccio invio di mail a diversi indirizzi, hanno lanciato un’altra straordinaria iniziativa. Un 'appello per salvare la Reggia borbonica di Carditello in San Tammaro (CE).” Nella mail, indirizzata a tutti i sindaci della Campania, si legge: “Egregio sindaco, l’associazione no-profit “Orange Revolution” rivolge l'ultimo appello disperato a tutti i comuni italiani per salvare la Reggia di Carditello, monumento di straordinario valore storico-artistico ed architettonico, dalla criminalità organizzata, e chiede ad un comune italiano coraggioso di ergersi a capofila di un consorzio di comuni per acquistare la Reggia.” La presidente del gruppo no-profit, Raffaella Forgione, spiega che: “Il progetto si compone di vari aspetti e propone che la reggia venga acquistata, avvalendosi del diritto di prelazione. Ogni comune del consorzio parteciperà all’acquisto, versando almeno 1,00 euro per abitante.” In estrema sintesi, l’idea proposta dagli Orange, vuole che, il sito reale, recuperi la sua funzione di fattoria modello, adeguata a moderne esigenze, trasformandosi in un centro d’eccellenza, all’avanguardia per lo studio e la sperimentazione di tecnologie da fonti rinnovabili applicate all’agricoltura, e di tecniche per il risparmio energetico applicato al patrimonio architettonico. “Il principio che vogliamo dimostrare – conclude Raffaella Forgione - è che, anche un bene culturale può essere una risorsa economica e che proprio dalla Campania, così ricca di bellezze architettoniche e paesaggistiche, ma anche così martoriata dai rifiuti tossici e dall'abusivismo, può venire il riscatto. Salvare Carditello significa salvare noi stessi!” Una naturale prosecuzione, quindi, dell’idea che, Ferdinando IV di Borbone, ebbe per questo angolo di Terra di Lavoro.

Fonte:   Interno18.it del 14.02.2012

Carditello: un altro pezzo va giù



Carditello, un altro pezzo va giù
I furti e i crolli non si fermano.
Caduto il tetto
della casina di caccia del Real sito borbonico


CASERTA - «Piove sul bagnato» battuta scontata ma, mai come in questo caso, appropriata. Perché il luogo dove le piogge degli ultimi giorni hanno provocato altri danni è la Reggia di Carditello, cenerentola fra le residenze borboniche di Terra di Lavoro. Nella notte di domenica 12 febbraio, infatti, il tetto dell'ala situata all'estremo margine sinistro della struttura è franato, certamente a causa delle piogge copiose che si stanno abbattendo sulla zona. Così è andato perso un altro pezzo della Casina di caccia.

LA STORIA DI CARDITELLO TRA FURTI E CROLLI - Un'ulteriore spallata, come nel caso di Pompei, ad uno dei monumenti più significativi della provincia di Caserta. Così muore lentamente, sotto gli occhi di tutti, fra l'incredulità generale, l'impotenza degli appassionati, l'incapacità delle istituzioni, e anche l'indifferenza dell'opinione pubblica, ormai assuefatta e rassegnata al degrado imperante, una delle testimonianze più significative della storia meridionale. Una vicenda, quella di Carditello, emblematica, il paradigma di un territorio che sembra avvitarsi su sé stesso, senza trovare la forza e il modo per risorgere. A niente sembrano servire, infatti, i tentativi posti in essere per salvarla: né le petizioni, né le manifestazioni, né la creazione di una Fondazione, proposta recentemente dal consigliere regionale Nicola Caputo, e neppure l'attività di sorveglianza promossa dall'Associazione Agenda 21, dallo stesso Consorzio di bonifica, proprietario del bene, e dal Comune di San Tammaro, sul cui tenimento la Reggia insiste, cha assicurano la vigilanza sul sito 24 ore su 24 per 365 giorni all'anno. E anche i finanziamenti ultimamente recuperati dalla Soprintendenza ai beni architettonici di Caserta (250 mila euro per la messa in sicurezza di una delle quattro torri) sembrano un inutile sforzo nella devastazione generale.

IL PERICOLO «ASTA» - Mentre, fra un furto ed un crollo, la Reggia di Carditello rischia, come si sa, di essere venduta all'asta per i debiti pregressi del Consorzio di Bonifica (la prossima vendita all'incanto è fissata per il 15 marzo). Un pericolo che, invece, qualcuno comincia a guardare come unica possibilità di salvezza. «Che se la compri anche un privato, purchè la salvi da sicura distruzione» è stata l'ultima provocazione di Vittorio Sgarbi, recentemente intervenuto su Carditello.

Lidia Luberto
Corriere del Mezzoguiorno del 13 febbraio 2012