martedì 30 agosto 2011

IL BACCALA'

Quando il “Baccalà” a Napoli era il piatto nazionale.
Le origini di una pietanza napoletana
prettamente nord europea.
di
Alessandro Romano


Da secoli a Napoli ed in tutto il sud il baccalà è considerata una “prelibatezza nostrana”, ma, tenuto conto che questa singolare pietanza proviene dai mari del nord con una probabile origine vichinga, come ha fatto mai ad arrivare così a sud e a radicarsi quale piatto nazionale nel Regno delle Due Sicilie?
Certo è che nell'800 grosse derrate di pesce atlantico stagionato arrivavano via mare proprio nei porti meridionali e che da questi porti poi, per opera di intermediari, il prodotto partiva per raggiungere con ogni mezzo le altre regioni italiane, fino ad arrivare nei mercati francesi e tedeschi, seguendo un curioso percorso a ritroso.
Sicuramente fattore fondamentale del propagarsi del baccalà napoletano fu il prezzo, incredibilmente concorrenziale a tutti gli altri mercati.
Il Meridione dei Borbone, infatti, aveva adottato un sistema commerciale fortemente competitivo che diede non pochi dispiaceri ai detentori del potere economico internazionale. Pertanto anche il baccalà finì tra le merci che rovinarono i sonni dei commercianti inglesi dato che quello trasportato dalle stracariche navi napoletane era di prima qualità e costava almeno la metà di quello prodotto in Inghilterra. 
Per questo motivo le navi napoletane, che comunque trasportavano ogni tipo di merce, venivano sistematicamente osteggiate dagli inglesi che gli imposero insostenibili tasse di ormeggio nei loro porti sparsi nel mondo.
E chiaro, quindi, che tra le varie contromisure che adottarono i napoletani, vi fu quella di stabilire concordati commerciali direttamente con i paesi produttori, scavalcando gli intermediari, quasi sempre collocati nei porti controllati dagli inglesi.
Fu così che le navi napoletane scaricavano agrumi, lana, olio, vino e canapa nei paesi scandinavi ed imbarcavano resine, legna pregiata ed, appunto, baccalà, tanto baccalà.
Di conseguenza il prezzo del pesce essiccato imposto nei porti meridionali italiani era di poco superiore a quello di produzione nei mari del nord e certamente di gran lunga meno caro di quelli del resto dei porti del Mediterraneo.
Fu così che “il baccalà napoletano d’importazione”, per potere nutrizionale e prezzo, diventò il piatto dei poveri e, grazie anche alle sue non indifferenti qualità di lunga conservazione, raggiunse tutti i mercati interni del sud, del resto d’Italia e di mezza Europa, fino ad arrivare in Russia nella mensa dello Zar.