martedì 10 maggio 2011

BORBONE ANTITURISTICI




La balla dei Borbone antituristici


di Ruggero Guarini




Fra le tante singolari esperienze che si possono fare rovistando nei cassetti della nostra letteratura risorgimentale, ovviamente nell´intento di onorare con qualche lettura patriottica questo compleanno dell´Italia Una, la più sorprendente potrebbe anche essere la scoperta che Napoli e tutto il Mezzogiorno, verso la metà dell´Ottocento, furono esclusi dagli itinerari dei viaggiatori europei.
La causa del fenomeno, secondo i sostenitori di questa amenissima tesi, era naturalmente l´orrore destato in tutta Europa dallo stato di estrema derelizione e barbarie in cui il Regno delle Due Sicilie era caduto sotto gli ultimi Borbone. Su questo gustosissimo argomento il documento più autorevole è comunque il celebre saggio sul Quarantotto napoletano di quell´astro del nostro giornalismo ottocentesco che fu Ferdinando Petruccelli della Gattina. In quella gagliarda operina, concepita e pubblicata nel 1850, ossia subito dopo i fatti di quell´anno leggendario, fra i tanti passi vibranti di afflati civili e di antiborbonici sdegni che vi si susseguono ininterrottamente dalla prima all´ultima pagina, figurano infatti anche queste impavide righe: «La nazione napolitana è incognita nella famiglia dei popoli di Europa. I viaggiatori rimuginano sino negli ultimi recessi dei poli, sino nell´ultima oasis del Sahara, ricercano le sorgenti dei fiumi, salgono i culmini delle montagne, e trascurano rivolgere uno sguardo ad una terra sulla quale vive un popolo poetico ed appassionato, e per la quale Iddio ha esaurita la sua opulenza di creazione».
Napoli e tutto il Sud diventati luoghi sconosciuti ai popoli europei; le loro bellezze leggendarie ormai trascurate dai forestieri; il nostro cielo, il nostro mare, le nostre isole, i nostri golfi battuti, nel cuore dei giramondo, dai deserti africani e dalle regioni polari: insomma tutto il nostro Mezzogiorno risucchiato, nel bel mezzo dell´Ottocento, dal gorgo del disinteresse mondiale: per quali eccentrici e impervi sentieri il Petruccelli (che Indro Montanelli definì "il giornalista più brillante del suo tempo", mentre Benedetto Croce lo criticò molto severamente) poté pervenire a questa scoperta sconvolgente? Quale altissima esigenza del suo spirito gli impose di rimuovere di botto dalla sua dotta mente l´immagine delle armate di pellegrini tedeschi e inglesi, francesi e spagnoli, americani e russi, che avevano continuato imperterriti, persino nel cuore della nostra età risorgimentizia, a visitare e perlustrare incantati le nostre terre, scegliendo non di rado di soggiornarvi a lungo, mostrando così di infischiarsi altamente delle supposte infamia perpetrate dai nostri re lazzaroni e bombardieri? A provocare quell´improvvisa amnesia fu forse l´effetto di alcune generose bicchierate? O non fu piuttosto lo stato di profonda e ininterrotta esaltazione prodotto nella sua zucca dai suoi crucci politici e ideali?
A incoraggiarci a preferire quest´ultima ipotesi può bastare un qualsiasi altro passo del citato saggio del Petruccelli. Mi limiterò comunque a riportarne il primo capoverso «L´Europa si è chiusa sul mezzodì dell´Italia come le onde del mare sur un vascello naufragato. I deboli gridi, che giungono a scappar fuori da quella muda, non producono più alcuna impressione. Impassibile, indolente l´Europa assiste alla consumazione del lento sacrifizio di quei miseri senza che un segno di simpatia, senza che un motto di protesta si slanci per confirmare a Ferdinando Borbone il crisma di carnefice di Napoli, mannaia d´Italia, e gridargli: arresta! Tanto oblio è un´ingiustizia. E se ciò è il fatto della provvidenza o della fatalità che spinge la vita umana, l´uomo non deve piegarvi rassegnato la testa, fino ad autorizzare un delitto».
Siamo giusti: un uomo animato da una simile passione antiborbonica non poteva certo sottrarsi al dovere di rivolgere agli oggetti del suo odio ogni possibile contumelia, compresa l´accusa di essere riusciti a far cancellare il loro Regno dalle mappe del Gran Tour.