venerdì 31 dicembre 2010

Auguri Neoborbonici

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http://www.youtube.com/watch?v=C0C66mP9d9g

L'OPINIONE

CARO NORD

- di Giuseppe Quartucci -


Caro Nord,
come cittadino del Sud di questa Italia, dopo le ultime sparate dei tuoi rappresentanti politici leghisti sulle gabbie salariali, sulla presunta maggiore ignoranza degli studenti del Sud rispetto ai tuoi, sulla presunta superiorità dell’homo padanus (?), sui cori razzisti di Pontida contro i napoletani “sporchi”, sul Sud piagnone ed incapace, voglio ringraziarti.
Si, ti devo ringraziare perché ci hai sedotto per 150 anni con le sirene del mitico Nord bravo, onesto ed operoso dove tutto funziona, dove tutto è legale, dove non c’è mafia, camorra, ‘ndrangheta o sacra corona unita. Un Nord che ha perfino abbracciato il Sud per liberarlo dal “tiranno” Borbone e consegnargli libertà e prosperità che, purtroppo, per colpa (come si pensa nelle tue lande), di quella “genetica incapacità ed inferiorità”, le genti del Sud non hanno saputo mettere a frutto tanto che tu, scrigno di filantropia, da allora hai dovuto accollartene il peso.
E allora voglio dirti grazie perché finalmente ho scoperto quanto “bene” hai fatto al mio ingrato Sud .

Grazie Nord:
- perché mentre dal 1860 mi racconti di un Sud che prima dell’unità non ha mai avuto un’ identità di popolo,
ho scoperto che il Sud era nazione dal lontano 1130 e sia pure sotto diverse dinastie ha sempre mantenuto lo stesso territorio mentre tu sei stato sempre uno spezzatino di staterelli;

- perché mentre dal 1860 mi racconti di un Sud povero, straccione e “affricano”,
ho scoperto che il Regno delle Due Sicilie ha portato in dote all’Italia unita oltre 2/3 della ricchezza monetaria circolante in tutti gli Stati preunitari, che c’era il maggior numero di medici per abitante, il più basso tasso di mortalità infantile mentre da te si moriva di pellagra, che c’era una bassissima pressione fiscale mentre il tuo Piemonte indebitato all’inverosimile era sull’orlo della bancarotta;

- perché mentre dal 1860 mi racconti di un Sud incolto ed inefficiente,
ho scoperto che dopo l’annessione hai fatto chiudere le nostre scuole per 15 anni per poter cancellare la memoria e la cultura di un popolo di millenaria civiltà, che il S. Carlo di Napoli è stato il 1° teatro moderno costruito al mondo ed in soli 270 giorni, che a Napoli c’erano manifestazioni teatrali ogni giorno e nella tua Milano si faticava a trovarne;

- perché mentre dal 1860 mi racconti di un Sud oppresso nella libertà di voce ed opinione,
ho scoperto che oltre la metà di tutte le pubblicazioni fatte negli stati preunitari veniva dal Regno delle Due Sicilie e da Napoli in particolare;

- perché mentre dal 1860 mi racconti di un Sud represso dalla feroce tirannia borbonica,
ho scoperto che i re Borbone risparmiavano la vita dei dissidenti politici mentre i tuoi Savoia li mettevano alla forca; che hai appellato il nostro Re Ferdinando ll “re bomba” per aver appena accennato a bombardare la città di Messina per difendere il proprio regno ed hai chiamato “Re galantuomo” il tuo Savoia che ha bombardato Genova per annetterla al suo regno;

- perché mentre dal 1860 mi racconti di un Sud arretrato industrialmente,
ho scoperto che il Regno delle Due Sicilie aveva il maggior numero di operai nelle industrie, che nel 1856 ebbe il premio internazionale come 3° Paese al mondo per sviluppo industriale e che primeggiava in tantissimi settori, scientifici e tecnologici tra tutti gli stati preunitari e spesso anche a livello mondiale e che dopo il tuo arrivo le industrie al Sud sono state chiuse e da te sono aumentate;

- perché mentre dal 1860 mi racconti di un Sud con una legislazione arretrata ed una amministrazione lenta,
ho scoperto che la legislazione del Regno delle Due Sicilie era la più avanzata tra gli stati preunitari e per alcuni punti finanche più di quella francese e che lenta era l’amministrazione del tuo Piemonte catapultata a Sud e definita borbonica con un sistematico lavaggio del cervello per darne un significato negativo;

- perché mentre dal 1860 mi racconti di un Sud delinquente, senza princìpi e rispetto delle norme,
ho scoperto che nel Regno delle Due Sicilie c’era un minor numero di atti delinquenziali che nel tuo Nord, che hai invaso (alle dipendenze dell’Inghilterra) il nostro florido e pacifico regno col tuo nordico massone Garibaldi in accordo con i nordici Savoia senza dichiarare guerra, corrompendo a suon di moneta e promesse di incarichi, i maggiori generali dell’esercito borbonico e facendo accordi con l’allora rozza criminalità siciliana e campana assegnandole un ruolo importante nella storia ed un potere che oggi per tuo merito mortifica il tessuto economico, sociale e politico del Sud;

- perché mentre dal 1860 mi racconti di un Sud emigrante,
ho scoperto che prima dell’unità nel Regno delle Due Sicilie non esisteva emigrazione anzi era questa, terra di ospitalità e di immigrazione e che ad emigrare erano i tuoi cittadini veneti, piemontesi, ecc.;

- perché mentre dal 1860 mi racconti di aver ideato e unito i fratelli italiani in un solo Stato,
ho scoperto che il concetto di Italia unita è molto più vecchio, risale al 1734 e nasce a Bitonto (Sud) con la cacciata degli austriaci, che da “fratello” hai massacrato persone (infamate col nome di briganti) ree solo di difendere la propria patria e il proprio re dallo straniero, che hai perfino sciolto nella calce viva i corpi dei nostri soldati morti di stenti nel carcere di Fenestrelle per non essersi piegati al nuovo re usurpatore, che hai messo a ferro e fuoco interi paesi bruciando vivi anche vecchi, donne e bambini inermi, che hai stuprato le nostre donne, che ci hai ingannato con un plebiscito farsa, che hai distrutto la nostra industria;

- perché mentre dal 1860 mi racconti di un Sud rappresentato liberamente da propri politici,
ho scoperto che essi altro non sono che il più becero esempio di asservimento al tuo potere e per questo il Sud vero sarebbe ben lieto di disfarsene al più presto;

- perché mentre da anni mi racconti di una Roma ladrona,
ho scoperto che i tuoi imprenditori aprono fabbriche al Sud per prendersi aiuti economici e fiscali e quando questi rubinetti si chiudono sbaraccano tutto lasciando un mare di desolazione, che parli di federalismo fiscale ma vuoi tenere per te le tasse che le tue aziende devono pagare anche su prodotti e servizi venduti al Sud;

- perché mentre dal 1860 mi racconti di un Sud che non è mai esistito,
ho scoperto che questo Sud di oggi, ferito, oltraggiato, stuprato, deriso, umiliato, incendiato, mortificato, annullato, rapinato, furbo, mafioso, illegale, sporco, povero, arretrato, inefficiente, disaggregato, opportunista, parassita, disilluso, piagnone, emigrante e mandato a morire in guerre assurde, è solo figlio tuo, figlio di quel maledetto 1860.

Caro Nord,
questo Sud sta aprendo gli occhi, quegli occhi che tu hai voluto fossero chiusi da un mare di menzogne ed è pronto a ripudiarti. Questo Sud non è più disposto ad essere una colonia di questa Italia nordista. Non ci sono alternative, o si costruisce una vera Italia oppure non dovrai essere tu a volere l’indipendenza ma il Sud a chiederti di andartene per la tua strada e di lasciarci liberi ed io sono sicuro che il mio Sud, il Sud di tanta gente perbene a cui hai rubato anche la libertà di gridare il proprio dolore e il proprio sdegno, troverà le migliori energie per riprendere quel cammino glorioso che il tuo cinico ed avido egoismo ha interrotto.

giovedì 30 dicembre 2010

Quotidiano di Bari

Anche la Puglia è Neoborbonica




A colloquio con Prof. Vincenzo Gulì, Vicepresidente dell’Associazione Culturale Neoborbonica.

Manca poco al 2011, centocinquantenario dell’Unità d’Italia, evento che si appresta ad essere festeggiato tra non poche polemiche. Quello della disgregazione è sentimento squisitamente globale. Parlare di unità nazionale nello stesso momento in cui le due Coree sono sul piede di guerra, Valloni e Fiamminghi vivono come separati in casa e l’ex Jugoslavia si lecca le ferite di una sanguinosa polverizzazione, sembra avere del temerario. Nel 1847, in una nota inviata al Conte Dietrichstein, il Metternich scriveva che “l’Italia è un’espressione geografica”. A distanza di più di un secolo e mezzo molta più gente che nell’era risorgimentale è disposta a sottoscrivere la velenosa affermazione. Un popolo più diffuso nello stesso Belpaese che oltralpe. Con ogni probabilità i Leghisti ...” – Infine, Professore, come si porta il vostro Movimento in Puglia? – “Splendidamente. Il piccolo sacrario eretto nel bosco di Vallata sotto Gioia del Colle in memoria del Sergente Romano che lì cadde è la dimostrazione più lampante del grande sentimento borbonico di Puglia”.rientrano in questa schiera. Chissà i loro nemici storici. Da molti anni l’Associazione Culturale Neobobonica si consacra ad una campagna di contro-informazione volta a depurare i libri di storia di quelle che vengono ritenute menzogne infamanti a carico dei Borbone e del Regno delle Due Sicilie. Abbiamo intervistato il vicepresidente dell’Associazione, prof. Vincenzo Gulì. – Professore, come guardano i Neoborbonici alle prossime celebrazioni, come ad una provocazione? – “Diciamo che si tratta di una grossa occasione per tornare a riflettere con maggiore limpidezza, onestà e senso critico su un frammento di storia ancora scottante”. – Che vuol dire essere borbonici oggi? – “Non certamente dei revanscisti. Abbiamo i piedi per terra anche noi e proprio per questo abbiamo assunto a nostro impegno la difesa del nome del Regno Delle Due Sicilie e dei suoi giorni che furono radiosi, checché ne pensi uno zoccolo duro e ottuso di intellettuali e storici”. – Crede che il tanto e da più parti invocato federalismo restituirebbe al Mezzogiorno parte del maltolto? – “Mah, il federalismo di cui si parla non si presenta favorevole al Sud. Si presenta invece favorevole agli interessi della Lega. Semmai avrebbe funzionato ed anche bene, ma a suo tempo, ovvero nei giorni del cosiddetto Risorgimento, una Confederazione Italiana...” – Forse mancò un regnante carismatico. Francesco II non aveva la grinta del padre... - “E’ vero però a precipitare le cose fu prima, e anche prima di Francesco II, una inopportuna politica di alleanze internazionali”. – Tornando ai giorni nostri, come spiega l’assenza qui da noi dell’equivalente di una Lega? – “Abbiamo uomini politici insensibili alla Storia, intellettuali proni alla difesa degli interessi del Nord, partiti e partitini a vocazione locale improduttivi e in antitesi fra loro... ” – Al presente in qualche parte del mondo sta accadendo quello che capitò al Regno di Francesco II? – “In qualche modo sì. Adesso mi vengono in mente gli USA che con la forza delle armi e non cercano di imporre ad altri popoli un’altra cultura e un altro stile di vita”. – Come rispondono i giovani alla vostra azione? – “Piuttosto bene, con entusiasmo. Le dico solo questo : All’Università di Napoli una lista di studenti ha pensato di chiamarsi Lista Borbonica

mercoledì 29 dicembre 2010

COMPRA PRODOTTI DEL SUD





PANETTONE
NAPOLETANO


Il panettone? Meglio se Napoletano!



L’industria del nord trae profitto dal mercato meridionale. E questo sarebbe il sud palla al piede?
Nell’articolo scritto per napoli.com è illustrata la dinamica perversa che impone prodotti industriali di minore qualità (anche se di minor prezzo) a tutto vantaggio del settentrione “opulento”.
Ma Napoli resiste con le sue peculiarità secolari capaci di ottimizzare anche ciò che non è propriamente partenopeo, e non è un caso che i prodotti per l’esportazione vengano marchiati “Napoli” (con tanto di N napoleonica che tanto ricorda il logo del calcio Napoli), città tanto bistrattata quanto buona per remunerative “operazioni commerciali”.
Quest’anno, a Natale, comprate cassate o struffoli, ma anche Panettoni artigianali napoletani che sono decisamente i migliori. Comprate Sud!

Angelo Forgione per napoli.com



L’arte della panificazione è patrimonio campano da sempre. È per questo che, se il panettone milanese esce dalla catena industriale e diventa artigianale, il migliore è proprio quello che si produce dalle nostre parti e non al nord.
Il panettone artigianale, nelle migliori pasticcerie di Napoli e della regione, va a ruba, e sono soldi spesi davvero bene visti i tanti riconoscimenti ottenuti negli scorsi anni dalle varie giurie specializzate, Gambero Rosso compreso.
Il panettone nasce a Milano intorno alla fine del quattrocento e si diffonde al nord a partire dal Piemonte che ne crea una variante più bassa e larga. Non viene mai abbracciato dalla tradizione natalizia meridionale fin quando, con la crescita industriale settentrionale del periodo post-bellico, il nascente mercato ne “impone” il consumo anche al sud che però ha le sue pecurialità talmente precise da trasformare in meglio qualsiasi cosa possa deliziare il palato. L’artigiano pasticciere campano ha migliorato anche il panettone applicando l’esperienza della lievitazione tipica del territorio napoletano.
Non poteva essere altrimenti in una città come Napoli che ha saputo fare cultura gastronomica a volte con invenzioni, altre con intuizioni e ancora con interpretazioni, riecheggiando poi nel mondo intero con le sue leccornie. Come in ogni campo culturale, anche quello culinario ha beneficiato degli intrecci delle corti europee del settecento e ottocento che coinvolgevano anche quella napoletana. Tutte le novità passavano per l’antica capitale delle Due Sicilie che seppe filtrare il meglio e rioffrirlo al mondo con il proprio tocco magico.Basti l’esempio del caffè che viaggiò dalla Turchia fino a Vienna e arrivò infine a Napoli attraverso la regina Maria Antonietta d’Asburgo Lorena che non volle rinunciarvi nelle sua vita partenopea, e Napoli l’ha poi offerto al mondo a modo suo, nella reinterpretazione di tostatura più apprezzata.
Anche il babà non è un dolce napoletano bensì polacco, inventato alla corte di Stanislao Leszczynsky. I polacchi l’hanno dimenticato, mentre i Borbone lo trovarono buonissimo e i pasticcieri di casa nostra lo reinterpretarono facendone un pilastro della pasticceria napoletana.
E come non citare il piatto principe della nostra terra? Non c’è nessuna certezza che la prima pizza sia Napoletana, ma con i Borbone si attuò nel 700, attorno a Caserta, un’incredibile rivoluzione agricola madre della dieta mediterranea che ha poi codificato la vera pizza con il condimento del pomodoro e della mozzarella, offrendo al mondo il vero cibo globale.
È questa l’incredibile capacità di Napoli di assorbire quel che viene da fuori, rielaborarlo e farlo apparire proprio perché più buono.
E il panettone a Napoli, manco a dirlo, è diventato più buono grazie al lievito madre al posto del lievito di birra. L’impasto a base di acqua e farina viene preparato 10 giorni prima della cottura e fatto lievitare quindi per lungo tempo. Per ottenere un panettone di qualità occorrono tre lievitazioni che si aggiungono a quella iniziale, per 14 ore totali ad ogni fornata. Chi lo prepara così fa dimenticare il prodotto industriale che ingrossa le tasche degli industriali del nord.
È da questo che trae forza il settore gastronomico locale che, per vastità, qualità e bontà, ha eguali solo in Sicilia, non a caso terra gemella fino al 1860. Il brand “Napoli” funziona di più all’estero anche su prodotti come lo stesso panettone che un’importante azienda come la Perugina esporta negli altri paesi targandolo “Napoli” (foto in basso) e non “Milano”.
Nello scenario decadente della città degli ultimi decenni, il settore gastronomico è forse la forza propulsiva a cui si aggrappa una certa economia locale “minore” poggiata su chi sa fare bene il proprio lavoro contrapposto a chi invece cerca solo reddito e profitto senza esigenza di eccellere. Un problema mai affrontato dalle politiche nazionali che invece potrebbero aprire scenari importanti per il meridione se solo ci fosse maggiore equilibrio tra la distribuzione industriale e quella artigianale. Pensiamo per esempio alla mozzarella che nei banconi dei supermercati del sud esiste di ogni marca e colore (nel vero senso della parola) mentre in quelli del nord è raro poter avere il privilegio di trovare quella di bufala campana. Tutto ciò sottolinea una certa imposizione del mercato a favore del nord che spesso lamenta il parassitismo del sud quando invece trae profitto dall’esportazione industriale nel meridione. Uno studio di economisti per conto di Unicredit banca spiega come Campania, Puglia, Calabria e Basilicata abbiano una forte propensione all’importazione di beni da altre aree del Paese.
Un trend che potrebbe essere parzialmente arginato col consumo, natalizio e non, di dolci artigianali della nostra tradizione, evitando prodotti industriali di usanze imposte. Ma se proprio al panettone non si vuol rinunciare, che lo si comperi in qualche buona pasticceria delle nostre dove è anche decisamente più buono. Garantito

!










martedì 28 dicembre 2010

INNO DEL REGNO DELLE DUE SICILIE

L'Inno è stato eseguito nella Real Chiesa di San Ferdinando in occasione della SS. Messa in suffragio di S.M. Francesco II di Borbone.

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http://www.youtube.com/watch?v=aUz73nnvYJs

giovedì 23 dicembre 2010








IN MEMORIA ED IN SUFFRAGIO



DI S.M. FRANCESCO II









Lunedì 27 dicembre 2010, alle ore 18.00, nel 116° anniversario della morte, alla presenza del Vice Priore (il Priore è S.A.R. Carlo di Borbone) della Confraternita che amministra la Chiesa, Dott. Cav. Nob. Marco Crisconio e del Presidente, Vicepresidente, Responsabili, Delegati, Iscritti ed Amici del Movimento Neoborbonico, sarà officiata presso la Real Chiesa di San Ferdinando in Napoli (adiacenze Palazzo Reale) la SS. Messa solenne in Rito Romano Antico a suffragio dell’anima santa di S.M. Francesco II di Borbone Re delle Due Sicilie.
Il Movimento Neoborbonico, unitamente a tutte le sue componenti rappresentative centrali e periferiche, invita gli iscritti, i compatrioti, i Confratelli dell’Ordine Costantiniano e gli amici nella Fede e nell’Ideale a presenziare la funzione per rendere omaggio al nostro Re.Sarà esposta la Bandiera Ufficiale di Stato.



Cap. Alessandro Romano









TOPONOMASTICA


COME CAMBIARE IL NOME


ALLE STRADE ED ALLE PIAZZE


“ISTRUZIONI PER L’USO”


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Molte ormai sono le iniziative finalizzate a mutare i nomi delle le piazze e delle strade delle nostre città, ma molti anche i grossolani errori procedurali che, in alcuni casi, hanno esposto i volonterosi e coraggiosi sindaci alle ire ed alle cattiverie dei cattedratici e dei filosofi della mitologia risorgimentale.
Infatti, alcuni sindaci, sottovalutando il problema burocratico e normativo e mali informati sulle loro effettive competenze in materia, sono finiti sotto il tiro incrociato di costoro che facendosi forte di ferree leggi savojarde, hanno difeso con le unghie e con i denti i simboli ed i nomi dei peggiori aguzzini ed assassini della nostra Gente.
Per questi motivi, nostra intenzione è dare indicazioni precise su come procedere per la mutazione della toponomastica, fermo restando la necessaria volontà politica delle amministrazioni comunali interessate.

Cap. Alessandro Romano

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Normativa



La Toponomastica è regolata dalla Legge 23 giugno 1922, n. 1188, dal Regio Decreto-legge del 10 maggio 1923, n. 1158, convertito nella legge 17 aprile 1925, n. 473 e dall'art. 41 del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223.
Gli ostacoli principali sono rappresentati dall’art. 4 della Legge del 23 giugno 1922, n. 1188, e dal D.M. del 25 settembre 1992 che conferiscono solo al Ministero dell’Interno e, quindi, alle Prefetture, il potere di derogare ad alcuni rigorosi limiti imposti e, quindi, di rilasciare autorizzazione a mutare la denominazione di strade e piazze.
In pratica le Prefetture controllano con parere vincolante che i nomi proposti dalle amministrazioni comunali siano riferiti a soggetti secondo i seguenti criteri:
a) persone decedute da almeno 10 anni (derogabile);
b) personaggi di elevata rilevanza locale o nazionale;
c) persone di comprovata correttezza e moralità;
d) soggetti con nomi non in dialetto, fatta eccezione dove è accertato il bilinguismo;
e) non sono ammessi soprannomi o turpiloqui.
Alle norme abbastanza restrittive sono affiancate alcune circolari interpretative del Ministero dell’Interno dirette ai Prefetti che, tra l’altro ed in particolare raccomandano:
“Ai Sig.ri Prefetti”
“OGGETTO: Intitolazione di scuole, aule scolastiche, vie, piazze, monumenti e lapidi.”
“Spesso i comuni procedono in modo del tutto autonomo a variare i toponimi senza chiedere alcuna approvazione alle SS.LL. come previsto dalla normativa tuttora vigente.Ciò premesso, è opportuno che venga richiamata l'attenzione dei signori sindaci sulla corretta applicazione delle disposizioni legislative e regolamentari - che rispondono a precise esigenze di ordine pubblico - evitando, inoltre, il ricorso generalizzato e frequente al mutamento dei toponimi esistenti, cui si procederà solo in base ad effettive necessità, da valutare d'intesa con le SS.LL. e questo Ministero, considerati i disagi che tali iniziative possono arrecare ai cittadini per l'aggiornamento dei documenti in loro possesso e l'aggravio di lavoro a carico dei servizi comunali”.

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Procedure


Tracciamo l’iter procedurale in ordine strettamente cronologico finalizzato all’ottenimento di una variazione della toponomastica stradale.

a) Delibera della Giunta comunale con la quale si propone di variare uno o più toponimi recante le motivazioni storiche, culturali e sociali che giustificano tale scelta possibilmente allegando la opportuna documentazione.
Nei casi di nomi risorgimentali da rimuovere, è importante dimostrare ed evidenziare che la mutazione avvenuta precedentemente è stata imposta per motivi politici (possibilmente ricercare la documentazione del tempo: delibere, atti ecc.) e che quel nome non era correlato alla storia locale. Infatti molto più facile è la richiesta di ripristino di una vecchia denominazione (preunitaria).
Fondamentale per superare il rigore della norma, qualora ne esistessero le condizioni, indicare l’esiguità degli abitanti coinvolti dalla mutazione di indirizzo;
b) Invio della deliberazione completa di documentazione alla Prefettura - UTG di appartenenza (coincide con le provincie) Area 2 - Stato Civile e Toponomastica;
c) Solo dopo aver acquisito il parere favorevole della Prefettura si procederà con una ulteriore Delibera di Giunta che, fermo restando la deliberazione precedente ed il parere della Prefettura, decreti la effettiva mutazione indicando le spese per la ricollocazione delle epigrafi, della segnaletica stradale e per la comunicazione alla cittadinanza tramite affissione di manifesti.
d) Qualora, invece, il parere della Prefettura fosse negativo, esso dovrà essere necessariamente accompagnato da una motivazione del diniego.
Se il diniego è per errori formali o procedurali, occorre rimuovere l’ostacolo burocratico e riproporre la mutazione con nuovo atto di Giunta. Qualora, invece, il parere negativo fosse sostanziale, cioè colpisce nel merito il nome scelto perché ritenuto in violazione dei principi fissati dalla norma su citata, occorrerà che il sindaco si attivi politicamente, meglio se con il supporto della popolazione (petizione popolare) affinché l’interpretazione del prefetto (là è il problema) si adegui alle esigenze culturali e politiche della cittadinanza.

Eventuali ricorsi al TAR sia da parte dei propositori che degli oppositori sono sempre e solo riferiti alla parte formale e procedurale. Infatti vengono sistematicamente rigettati se proposti contro la facoltà discrezionale ed interpretativa che è e resta al Prefetto.
Quindi nel caso di parere del Prefetto negativo unico appello ammesso è il ricorso gerarchico al Presidente della Repubblica. E qui le cose si complicano ancora di più.

Questa è la ricetta e che Dio ve la mandi buona!

domenica 19 dicembre 2010

Il calendario del Regno delle Due Sicilie

Il nostro simbolo identitario che non può mancare nelle case, negli uffici e nei negozi dei veri figli della nostra antica Patria.
Si può richiedere tramite www.editorialeilgiglio.it


mercoledì 15 dicembre 2010

Un Lavoro encomiabile

Qualcuno si è permesso di sottovalutare o, comunque, di mettere in secondo ordine l’importanza della toponomastica nel lavoro di recupero della nostra identità perduta.

Se tutte le principali strade e piazze delle nostre città sono incredibilmente marcate con i nomi dei peggiori nemici della nostra Storia, un motivo ci dovrà pur essere.

Per quanto ci riguarda, la toponomastica è il compimento di un percorso di riscoperta identitaria, la prova che la verità è riuscita a permeare le coscienze non solo della gente, ma anche degli amministratori.

Il “forzare” un nome però, se da una parte appare come una giusta rivendicazione, dall’altra risulta essere un’imposizione che surroga la convinzione e la condivisione del desiderio di verità.

Pertanto occorre insistere e persistere fino a quando le Amministrazioni locali non si facciano promotrici del recupero di una dignità da 150 anni sottaciuta, collocando con tutti gli onori i nomi dei nostri martiri e dei nostri eroi.

Il nostro compatriota Nello Marti combatte imperterrito da oltre 10 anni per cancellare i nomi di quegli ignobili personaggi dalle strade della sua città e siamo certi che alla fine ci riuscirà, perché “qualcuno” prima o poi capirà perché tanta tenacia e tanta passione.


Cap. Alessandro Romano

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Cari compatrioti Briganti,

ancora una volta ho avanzato richiesta al mio Comune di residenza per la doverosa cancellazione delle strade intestate ai feroci Savoia.

Questa volta pare che il Sindaco finalmente si sia deciso ad aderire alla richiesta.

Comunque la strada in cui abito (Via Regina Elena) ha perso per sempre tale intitolazione e nel frattempo due strade sono state da me, con atto forzato, intitolate rispettivamente ad Angelina Romano e Michelina De Cesare.

Per ora nessuno si è azzardato per rimuovere tali intestazioni.

Cari saluti.


Nello Marti

martedì 14 dicembre 2010

Storia della marina da guerra dei Borbone di Napoli 1799-1830

Venerdi 17 dicembre 2010, alle ore 16.00, presso la “Sala Campagna” del Castel dell’Ovo di Napoli, si terrà la presentazione del secondo volume dell’opera “Storia della Marina da guerra dei Borbone di Napoli – 1799-1830”, scritto da Antonio Formicola e Claudio Romano ed edito dall’Ufficio Storico della Marina Militare.Tutti sono invitati ad intervenire.

Cap. Alessandro Romano



In questo secondo volume (il primo, che descrive il periodo dal 1734 al 1799, fu pubblicato nel 2005) gli Autori, con la loro abituale scientificità, continuano a far luce sull’epopea borbonica affrontando un arco di tempo del quale la storiografia ha sempre trattato solo al-cuni aspetti. Testi sulle vicende connesse alla “Repubblica Napoletana” del 1799 e sul “decennio d’occupazione francese” (1806-1815, noto anche come “decennio d’occupazione mili-tare”), infatti, ve ne sono numerosi, pubblicati sia negli anni lontani che recenti, ma essi sono tutti accomunati da un’intrinseca limitazione dovuta ad uno stesso angolo di visuale, ovvero con gli avvenimenti riportati in un’ottica che predilige ora i Repubblicani napoletani, ora i “murattiani” e mai (se non in modo marginale) i “borbonici”. Antonio Formicola e Claudio Romano, invece, grazie alla loro più che trentennale e fruttuosa ricerca d’archivio, hanno raccolto una grande quantità di informazioni documentaristiche che hanno permesso la redazione di un elaborato variegato negli argomenti trattati e “nuovo” nella sostanza e nel punto d’osservazione. Nello specifico in questo volume sono trattate innanzitutto le conseguenze connesse agli avvenimenti scaturiti dalla proclamazione della “Repubblica Napoletana” del 1799 (distruzione di gran parte della flotta, processo ed impiccagione dell’Ammiraglio Caracciolo), per poi affrontare il quinquennio della prima restaurazione borbonica. In questo breve periodo, la Real Marina si cimentò anche in molte operazioni prettamente militari “fuori area” (di cui raramente si fa menzione su altri testi di storia navale), caratterizzate tutte dalla cooperazione con altre Marine da Guerra (inglese e statunitense).Vi è quindi la parte dedicata al decennio 1806-1815, durante il quale il Borbone perse nuovamente il controllo della parte continentale del suo Regno e fu “costretto” a ridurre l’estensione del governo alla sola Sicilia. In questo lasso di tempo la Real Marina operò non solo in modo intensissimo ma, per la prima ed unica volta nella sua storia, si confrontò per ben dieci anni con una vera Marina da Guerra (quella murattiana, spalleggiata dai francesi) diretta espressione di una vera nazione qual’era il Regno di Napoli di Gioacchino Murat. Non si trattava quindi più di contrastare gli assalti dei pirati barbareschi che, mossi solo dalla bramosia del profitto preferivano costantemente la fuga allo scontro militare, ma questa volta, a motivare gli avversari, vi era un’ideologia che rendeva il nemico forte e pericoloso, poiché un’eventuale sconfitta poteva implicare la perdita della propria indipendenza. Fu pertanto giocoforza imbastire un’azione militare innanzitutto “strategica”, complicata dalla circostanza di dover operare lontano dalle proprie basi, con tattiche nuove e per un lungo periodo, il tutto aggravato da una crescente crisi con l’alleato inglese, pronto ad approfittare della situazione contingente per impadronirsi in modo stabile e duraturo di un territorio – la Sicilia – da sempre strategico per il controllo militare del Mediterraneo. Infine la trattazione di questo arco temporale non si limita alle sole vicende operative, ma si completa con l’analisi degli aspetti normativi ed organizzativi.Il lavoro prosegue con la trattazione del periodo che va dalla seconda restaurazione del governo borbonico sulla parte continentale del Regno fino alla morte di Francesco I. In questa parte gli Autori, dopo aver descritto le conseguenze organizzative conseguenti al ritorno di Ferdinando I all’ombra del Vesuvio, hanno trattato in maniera minuziosa ed esaustiva dalla rivoluzione normativa nota come le “Ordinanze della Real Marina”, introdotte nella Marina da Guerra borbonica nel 1818. Si tratta di un crogiuolo di regole e disposizioni che, sebbene ampliate ed aggiornate nel corso degli anni, per la loro completezza rappresentarono il pilastro della struttura organizzativa della forza Armata e la cui bontà fu tale da costituire il giusto riferimento normativo di quella che sarà poi la Regia Marina Italiana.L’elaborato si completa quindi con la trattazione degli aspetti di politica marittima relativi al periodo 1818-1825 e con l’illustrazione delle vicende accadute durante il regno di Francesco I (1825-1830) che, se pur breve, fu molto intenso sotto diversi aspetti.Anche questo secondo volume è arricchito da molte illustrazioni, tabelle, quadri sinottici, riproduzioni fotografiche o elaborazioni grafiche di documenti d’epoca che non solo lo impreziosiscono, ma lo rendono di facile ed immediata comprensione. Da segnalare infine, altre due importanti particolarità: la prima si riferisce alle “illustrazioni fuori testo” che, in gran parte, sono tratte dagli archivi dell’Istituto Idrografico della Royal Navy di Tauton e qui rese pubbliche per la prima volta, e la seconda si riferisce ai “figurini” originali che la bravissima Signora Bruna Pecciarini Gay ha realizzato per illustrare le divise in uso nell’arco di tempo in esame. Le due citate particolarità rendono questa pubblicazione simile ad un “libro d’arte” ancor prima che ad un testo di storia navale, il che costituisce un valore aggiunto di non secondaria importanza.Il volume, suddiviso in due tomi, consta di 860 pagine ed è illustrato da 428 tra foto ed illustrazioni, e 13 tavole fuori testo. Rilegato in tela blu ed impreziosito con scritte in oro, sovraccoperta plastificata e raccolto in cofanetto, è porto in vendita al prezzo unitario di € 110,00 (€ 79,00 prezzo ridotto per gli aventi diritto) più spese postali, facendone richiesta all’Ufficio Storico della Marina Militare, Via Taormina, 4 – 00135 ROMA. e-mail: ufficiostori-co.vendite@marina.difesa.it Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo (modalità di dettaglio per l’acquisto sono consultabili anche sul sito http://www.marina.difesa.it/ alla pagina dedicata all’Ufficio Storico). A latere della presentazione, in via del tutto eccezionale, sarà possibile acquistare il volume oggetto della presentazione a prezzo ridotto (€ 79,00) anche per chi non ne ha diritto e senza l’aggravio di spese postali.

lunedì 13 dicembre 2010

Una statua di troppo

“Cacciamo l’invasore a cavallo”

Diramiamo un comunicato del Movimento Neoborbonico circa la ricollocazione della orrenda statua di Vittorio Emanuele II.

Il nostro auspicio era che, così come fece il sindaco di Nizza con la statua equestre di Garibaldi rimossa ed offerta a chiunque l’avesse voluta perché di intralcio alla viabilità tranviaria cittadina, allo stesso modo il sindaco di Napoli avesse offerto ai “fratelli” torinesi la statua del loro re.

Purtroppo non è accaduto quanto speravamo accadesse e da venerdì notte i napoletani hanno in un punto strategico della città la statua enormemente ingombrante, non solo per dimensioni, del più feroce, sanguinario, ladro, diabolico usurpatore ed invasore della loro storia.

Una sola parola a chi ha pilotato tutta l’operazione: VERGOGNA !!!

Cap. Alessandro Romano

L’OPINIONE

In questa rubrica vengono espresse opinioni politiche, posizioni di storici, giornalisti ed appassionati su vicende a prescindere dal pensiero e dai giudizi della Redazione che può anche non condividere, ma che per dovere di cronaca e di diffusione della verità storica ritiene di pubblicare.

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Stati Uniti d’Italia

Di Beppe Grillo

Nello sfascio generale politico ed economico è scomparso dall'agenda il 150esimo anniversario dell'Unità d'Italia del 2011. Nessuno ne parla più, sembra un evento dello scorso anno, una rivista vecchia dimenticata dal barbiere. La ricorrenza non è ancora stata celebrata, eppure sembra già trapassata. Può essere che le Istituzioni si vergognino e sperino che la nascita dello Stato unitario passi in silenzio, scivoli via dal calendario.

Gli italiani del resto se pensano alle Istituzioni hanno un conato di vomito e una voglia irrefrenabile di emigrare. Vederle identificate con l'Italia è una provocazione, un'istigazione alla secessione.

Il 2011 è invece un'opportunità, un'occasione unica per fare la Storia d'Italia, non quella del trio Cavour-Garibaldi-Vittorio Emanuele II con la ruota di scorta di Mazzini e dei plebisciti fasulli che legittimavano i Savoia, ma la Storia degli eccidi nel Sud, delle occupazioni nel Nord, dei cannoni dei regnanti contro i contadini inermi che protestavano per la tassa sul macinato, delle emigrazioni forzate di milioni di veneti e di meridionali per le Americhe, unica possibilità rimasta per non morire di fame. Il 2011 può essere dedicato alla Storia dell'annessione dei popoli italici da parte dei Savoia, della predazione delle casse degli Stati occupati, dal Regno dei Borbone allo Stato Pontificio. Capitali necessari al Regno di Sardegna, notoriamente con le pezze al culo, per non dichiarare bancarotta, alle centinaia di migliaia di patrioti chiamati "briganti" fucilati da Cialdini con le loro teste mozzate fotografate ed esibite sui giornali dell'epoca. Persino l'Unione Sovietica ai tempi di Krusciov è riuscita a mettere in discussione le menzogne dello stalinismo, in Italia ci si culla ancora nell'idea del Risorgimento e del
grido di dolore accolto da Vittorio Emanuele II.

Le mafie sono un frutto dell'occupazione del Sud, prima erano un fenomeno fisiologico, con i Savoia sono diventate uno strumento di gestione del potere.

Garibaldi disse "Qui si fa l'Italia o si muore", per fare veramente l'Italia bisogna ripartire dalle sue radici e quindi "Qui si disfa l'Italia o si muore".

Le piazze d'Italia sono piene di lapidi celebrative delle tre guerre d'indipendenza, di quelle mondiali, alcune anche di quelle coloniali e di quella civile del 1945/46. Da 150 anni siamo in guerra, anche con noi stessi, per affermare un'identità che non abbiamo. Siamo come l'isola che non c'è di Peter Pan: "E a pensarci, che pazzia/è una favola, è solo fantasia/e chi è saggio, chi è maturo lo sa/ non può esistere nella realtà!", uno Stato che non c'è, visto come greppia o tenuto a distanza con diffidenza. Un'espressione geografica che ospita le tre più potenti organizzazioni criminali del pianeta, indifferente a quarant'anni di stragi in cui lo Stato era complice o assente, con centinaia di morti tra giudici, giornalisti, politici, amministratori pubblici. Un luogo che sta cadendo a pezzi in cui molte Regioni non vedono l'ora di un liberatorio "Sciogliete le fila" e ritornare ad essere Repubblica di Venezia con i suoi mille anni di Storia, la Repubblica di Genova, lo Stato delle Due Sicilie, Stato legittimo invaso con le armi, o annessi alla Francia da parte della Valle d'Aosta o all'Austria del Sud Tirolo. Non sono ipotesi, ma la cruda realtà. E' necessario rivedere il nostro passato e dimenticare il "glorioso" Risorgimento per rimanere insieme in una federazione di Stati, simili a quelli pre unitari, ognuno con la sua Storia e la sua autonomia.

Mola di Gaeta - Qualcosa si Muove

Lo avevamo accennato che l’assedio culturale prima o poi avrebbe “bucato” il muro della menzogna e della damnatio memoriae. Ed infatti, mentre i falsi fuochi della “Battaglia di Mola” si spengono tra mille polemiche, la potenza della verità storica e dell’identità si sta facendo largo proprio là, a Mola di Gaeta, ora Formia.

Notizia di questi giorni è la rivisitazione della toponomastica cittadina e l’inserimento di alcuni nomi importanti della nostra storia.

Sicuramente non è un arrivo, ma un inizio che farà raggiungere ben altri risultati.

E per questo rivolgiamo i nostri più vivi complimenti al confratello Pietro De Meo artefice principale della meritoria iniziativa ed i nostri ringraziamenti a tutti coloro che stanno lavorando con umiltà, passione e tenacia al recupero della nostra dignità, in particolar modo all’attento Rappresentante locale del nostro Movimento.

Cap. Alessandro Romano